Quando si parla di bambù viene spontaneo associarlo alla Cina e all’Asia più in generale, dove le foreste di bambù sono la normalità: tuttavia, da una decina d’anni, queste piante stanno avendo una diffusione costante anche in Italia. Non è raro trovarle addirittura nelle città: è il caso del Parco Segantini a Milano, negli orti botanici che si trovano a Roma e a Palermo, e ancora nel bosco di Rovato, vicino a Brescia, la piantagione più estesa della Lombardia.
I bambù appartengono alla famiglia delle graminacee: ne sono state classificate circa 1.300 specie. Nel mondo ci sono oltre 30 milioni di ettari, di cui un terzo in Cina, mentre in Italia ce ne sono poco più di 2.000. È definito come un’erba (e non un albero) nonostante la sua fenomenale e rapida crescita lo porti ad arrivare a quasi 40 metri di altezza. Sono stati individuati oltre 1600 diversi utilizzi dei prodotti della coltivazione del bambù.
Le ragioni tale espansione sono molteplici e una delle più importanti riguarda l’altissima capacità di assorbire CO2 dall’aria, fornendo così una risposta concreta alla crisi climatica. Se è vero che il bambù cresce abbastanza facilmente dovunque, anche in terreni scoscesi o sassosi, sono ideali quelli argillosi o con sostanze organiche: a tale proposito Forever Bambù, società fondata nel 2014, ha acquistato 103 ettari di terreno a Castiglione della Pescaia, per la coltivazione di bambù gigante.
Il più grande bambuseto italiano
Dalle analisi effettuate è emerso che le caratteristiche di questo terreno in provincia di Grosseto sono ottimali, sia per la quantità di acqua delle falde sotterranee, sia per gli aspetti di biodiversità: è così possibile realizzare un’agricoltura sostenibile, anche per le piantagioni e i frutteti che già sono presenti.
Forever Bambù è cresciuta in questi anni, diventando un gruppo di 29 società agricole, con 1.650 soci, e nel 2022 diventa Società Benefit: nello stesso anno si concretizza il progetto Forever Zero CO2, che si rivolge alle aziende per la compensazione delle emissioni di CO2. Compensare è una parola chiave per raggiungere l’obiettivo “Net zero emission”: Forever Bambù offre quindi un servizio validato scientificamente, presentando diversi tipi di pacchetti di mitigazione grazie alle sue foreste di bambù gigante.
La sua proposta si rivolge tanto ai privati che alle grandi imprese: per fare un esempio, una porzione di 100 mq di una foresta compensa 2,6 tonnellate di CO2, che è la stessa quantità emessa in un anno da un’azienda che utilizza un ufficio di 55 mq. Naturalmente vengono poi realizzate soluzioni ad hoc per imprese di dimensioni medio/grandi.
Piantumare il bambù gigante nei terreni abbandonati, o che sono stati sfruttati dall’agricoltura intensiva, fa parte di un progetto di economia circolare di Forever Bambù, dove la materia prima è usata per produrre bioplastica. Inoltre, con il protocollo di gestione agro-forestale che applica, le sue piante arrivano ad assorbire fino a 36 volte la quantità di CO2 di un bosco misto, a parità di superficie e condizioni climatiche. Questo dato è stato certificato da INDACO2 (Indicatori Ambientali e CO2), società spin-off dell’Università di Siena. Nell’analisi effettuata dall’ente, specializzato in valutazione ambientale, si accenna alla redditività e ai benefici del bambù, che trova impiego in moltissimi settori: il tessile è uno di questi, come dimostra un’altra eccellente realtà della Toscana.
Aver cura dell’ambiente indossando con eleganza
Innbamboo nasce a Calenzano, in provincia di Firenze, nel 2013, con l’obiettivo di creare capi di abbigliamento e accessori che uniscano bellezza ed etica, arte e amore per la natura: a tale scopo vengono utilizzati bambù e altri materiali ecologici, per realizzare prodotti esclusivi, restando però accessibili e convenienti. Viene così lanciata la prima collezione di Foulard Bamboo®, che si caratterizza per l’ampia gamma di sciarpe di alta qualità, ricche di colori e motivi decorativi: il tessuto di bambù è morbido, traspirante, piacevole al tatto, oltre a essere antibatterico e anallergico.
In breve tempo la qualità dei prodotti viene riconosciuta dal mercato e il marchio si diffonde, venendo distribuito anche al di fuori dei confini italiani: Piergiorgio Caggiari, cofondatore e direttore creativo dell’azienda, incontrato durante l’ultimo Artigiano in Fiera a Milano, ha sottolineato la costante ricerca di soluzioni vivaci e ricche di elementi cromatici, spesso ispirati alla pittura, capaci di esprimere positività. Il tutto con la costante attenzione ad azzerare gli scarti di produzione e alla valorizzazione del territorio: tutte le lavorazioni vengono infatti effettuate in un raggio di 30 km dalla sede di Calenzano, che fra l’altro è uno dei distretti tessili più rinomati in tutto il mondo.
La volontà di usare solo materie prime certificate e sostenibili si traduce anche nell’utilizzo di fibre riciclate o rigenerate, quando possibile: il processo produttivo è pertanto sempre più circolare, con una drastica riduzione, se non l’eliminazione totale dei rifiuti. Innbamboo utilizza materiali realizzati con plastica PET riciclata, con pelle riciclata da scarti di produzione e cashmere rigenerato. I telai sono alimentati da energia rinnovabile, la tintura avviene con materie prime certificate: nel frattempo l’azienda continua a studiare nuovi tessuti e modalità produttive per abbattere ulteriormente l’impatto ambientale.
La collezione di foulard vanta oggi oltre 450 referenze, a cui si aggiungono calze, kaftani e kimono in bambù e cotone biologico, e altri prodotti innovativi: fra queste le scarpe che combinano insieme bambù e altri materiali naturali ecologici, e le borse in bambù e canapa, dove le fodere sono realizzate riciclando le bottiglie di plastica raccolte dai nostri mari. I prodotti di Innbamboo si possono acquistare online o presso oltre 950 rivenditori che, oltre ai punti vendita monomarca, comprendono empori, farmacie e parafarmacie, erboristerie e altri negozi di prodotti naturali.
Innbamboo coniuga in modo ottimale l’innovazione con la tradizione del settore tessile italiano, in una voluta controtendenza alle logiche del “fast fashion”, palesemente insostenibili. Un ulteriore conferma che l’attenzione all’ambiente passa anche dalla scelta dei vestiti da indossare.