L’obiettivo principale della CER deve essere quello di “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari”; la partecipazione alle CER “è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili”.
Citando l’articolo 31 del D.Lgs. 199/2021, soffermiamoci su quelli che sono i benefici sociali derivanti dalla presenza di una Comunità Energetica su un certo territorio e raccontiamo il fenomeno delle CERS: Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali, in cui la “S” racchiude storie di consapevolezza, attivazione, protagonismo e riscatto.
Cosa sono le CERS: il modello solidale
Se è vero che gli impatti positivi delle CER sono prima di tutto a livello ambientale ed economico, il loro valore sociale non va sottovalutato, gli impatti sociali delle CER infatti, seppur meno immediati e più complicati da misurare, sono altrettanto significativi e duraturi.
Le CERS promuovono l’inclusione sociale, garantendo l’accesso all’energia rinnovabile anche alle fasce più fragili della popolazione; favoriscono la collaborazione e la condivisione di risorse, rafforzando la coesione sociale e il senso di appartenenza dei membri; inoltre, attribuendo alle comunità un maggiore controllo sulla produzione e il consumo energetico, stimolano l’autonomia e la responsabilizzazione, favorendo l’empowerment delle comunità. Sono a tutti gli effetti processi di innovazione sociale, che oltre alla riduzione di emissioni di CO2 e al risparmio in bolletta, possono contribuire a rafforzare la coesione sociale e ridurre la povertà energetica delle comunità locali. Quando parliamo di CERS quindi indichiamo i progetti di Comunità Energetica che includono tra i propri obiettivi la costruzione di relazioni inclusive di comunità, l’aggregazione e l’attivazione della cittadinanza attraverso processi partecipativi e l’attivazione di percorsi di accompagnamento al consumo responsabile.
Alcuni esempi di azioni che caratterizzano le CERS sono le attività di educazione ambientale ed energetica rivolte ai soci della CERS, che li trasformano da consumatori passivi in attori informati del mercato energetico ed in alcuni casi in attivi produttori, così come la scelta di ridistribuire i benefici economici derivanti dagli incentivi destinandoli ai soggetti più fragili o a progetti di inclusione sociale.
L’esperienza della CERS di Napoli Est
La Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Napoli Est, avviata nel 2020 e formalmente costituita nel 2021, è stata la seconda comunità energetica in Italia e la prima comunità sul modello solidale nel nostro Paese.
Il Progetto, partito dalla periferia Est di Napoli nel quartiere di San Giovanni a Teduccio e finanziato dalla Fondazione con il Sud, è stato promosso da Legambiente e dalla Fondazione Famiglia di Maria, (educativa territoriale che si occupa lotta alla povertà educativa). L’investimento iniziale di 100mila euro ha permesso la realizzazione di un impianto fotovoltaico di 53 kW installato sul tetto della Fondazione, coinvolgendo 40 famiglie di consumatori con attenzione particolare a quelle con disagi socio economici.
Non è un caso che la prima CERS sia nata in un quartiere come quello di San Giovanni a Teduccio, con diverse criticità ambientali e sociali e con alti tassi dispersione scolastica. Qui la comunità non si è limitata solamente a contrastare il fenomeno della povertà energetica fra le famiglie, ma è stata un vero e proprio volano di riscatto sociale e di ritrovato senso di comunità per un quartiere difficile.
Tra le azioni virtuose del modello solidale di Napoli Est citiamo: la ripartizione degli incentivi economici sui membri, prevista da statuto; le attività avviate con le famiglie che hanno visto in parallelo percorsi di educazione energetica e ambientale e orientamento ai Green Jobs e che hanno coinvolto oltre 100 bambine/i e ragazze/i del quartiere.
Il percorso della comunità energetica di Napoli Est è partito in fase di sperimentazione quando il quadro normativo non era ancora definito. Nei 3 anni successivi le criticità burocratiche e il mancato arrivo degli incentivi non hanno incrinato la fiducia dei suoi membri poiché il progetto era diventato un percorso di valore importante per una connotazione del quartiere di Napoli Est.
L’esperienza di Ferla
“CommOn Light, mettiamo insieme le nostre energie” è il nome scelto dalla Comunità Energetica di Ferla, piccolo comune di 2300 abitanti in Provincia di Siracusa, in cui è nata la prima CER della Sicilia.
L’amministrazione comunale ha promosso il progetto mettendo a disposizione come socio produttore un primo impianto fotovoltaico da 20 kW. Costituita in forma si associazione, nel suo modello economico la CERS di Ferla prevede che una parte del denaro ricevuto sia reinvestito per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici e di sistemi di accumulo. L’obiettivo è quello di incrementare la potenza installata così da poter disporre di una maggiore quota di energia rinnovabile condivisa. Dall’avvio formale in novembre 2021, il Comune ha provveduto ad ampliare la rete di partecipanti coinvolgendo partner tecnici, fondazioni e nuovi produttori, finanziando l’installazione di nuovi impianti ed impegnandosi in percorsi di partecipazione e supporto ai cittadini in povertà energetica.
È proprio su ispirazione di Comunità energetiche come quella di Napoli Est o di Ferla che nasce la Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali.
La rete delle CERS italiane
La Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali nata su iniziativa di Legambiente, Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est e Comune di Ferla, è un network che oggi conta 57 soggetti diversi, uniti dall’obiettivo comune di portare questo strumento in tutti i luoghi in cui vi è più necessità, sostenendo la nascita di quante più comunità energetiche solidali possibili.
Nel Manifesto delle CERS si parla di luoghi abbandonati, che necessitano di bonifiche ambientali, dove la qualità di aria e acqua è scarsa, dove mancano le scuole e i servizi territoriali. Queste criticità peggiorano la vita dei cittadini e acuiscono le disuguaglianze soprattutto per i più fragili.
Il modello solidale delle CERS, che ha come obiettivo quello di vincere la sfida climatica e sociale, può avere un ruolo importante come strumento di supporto alla cosiddetta Just Transition (o Transizione Giusta) per accompagnare il cambiamento affinché sia anche un riscatto in quei luoghi in cui le difficoltà ambientali e sociali sono più forti. L’attivazione positiva della comunità avvia una contro narrazione che vede nella transizione energetica un riscatto dal duplice valore, non solo economico, ma soprattutto un valore di protagonismo e partecipazione per una narrazione positiva.
Una rivoluzione quindi, non soltanto per i territori, le imprese e le amministrazioni, ma anche per quella parte di popolazione che non deve essere lasciata indietro.