Ho avuto la fortuna di vedere Gaia Segattini in azione tre anni fa.
Era stata invitata come madrina a un evento a cui partecipavo con Re-loved, chiamato Padernello cose mai viste. Una due giorni dedicata all’economia circolare, con un mercatino di handmade e riciclo e numerose occasioni di scambio tra realtà artigianali affermate e studenti degli istituti tecnici, in un simbolico passaggio di testimone. Manualità e tecnologia, tradizione e innovazione. Il tutto ad animare un castello con tanto di fossato e ponte levatoio.
Un’iniziativa magica, che, come molte altre, ha subito una battuta d’arresto causa restrizioni anti-covid, ma speriamo possa riprendere con l’edizione primaverile.
Ma facciamo un passo indietro.
Gaia Segattini si fa conoscere nei primi anni duemila in un mondo pre-social con il nome da combattimento di Vendetta Uncinetta, grazie a un blog che nel tempo non è stato soppiantato da Instagram, ma lo affianca, approfondendo le tematiche affrontate nelle stories.
Come suggerisce il suo alias, Gaia è una knitter di prim’ordine, una di quelle figure che ha trasformato il passatempo delle nonne in un hobby ad alto tasso di coolness.
Infatti, in tempi non sospetti, pubblica manuali per sferruzzatori folli pieni di progetti in ottica DIY, tra cui uno dedicato a rinnovare il guardaroba attraverso il riciclo creativo.
Nel frattempo, Gaia lavora per vari brand della moda e ne studia a fondo le dinamiche.
Ma la sua missione è un’altra, e lo scopre presto: basta scorrere i suoi profili sui social per rendersi conto che in lei, oltre a una manualità fuori dal comune e un’estetica ben definita alberga un incontenibile spirito divulgativo.
Tornando al suo ruolo da madrina nei giorni di Padernello, Gaia ha convogliato tutte le sue energie nella consulenza: ha preparato una presentazione piena di dritte destinate ai giovani designer presenti e poi si è messa a loro disposizione per colloqui personalizzati in cui valutare insieme il prodotto e la comunicazione.
Tra i tanti consigli, di cui ho fatto subito tesoro, uno mi ha colpito particolarmente: “Anche se ne andate molto orgogliosi, non mostrate i prototipi sui social, per evitare che il giudizio degli altri vi condizioni”. Un prototipo, infatti, è per sua natura un work in progress, un prodotto in una fase troppo embrionale per essere presentato al pubblico, anche se limitato ai tuoi follower.
In un mondo della moda sempre più sfaccettato, abbiamo bisogno di ambasciatori. Professionisti che conoscono il mercato, l’industria, il territorio, le realtà artigianali e le abitudini di acquisto di un gruppo target.
Ma la spinta creativa di Gaia aveva bisogno di una valvola di sfogo. Così torna alla sua prima passione, il design e nel 2018 il fonda Knotwear, una linea di maglieria di altissima qualità con un’impronta green.
Sono andata a riascoltarmi una delle sue interviste, e riporto qui alcuni stralci, che descrivono al meglio la stilista e la sua filosofia.
“Knotwear” è un gioco di parole in inglese tra “knot” nodo e “wear” indossare. La maglieria è infatti creata con filati annodati. Ma il nome crea curiosità perché suona come “not wear”, da non indossare.
La produzione si trova nelle Marche, presso un’azienda a gestione familiare. Per sfruttare le materie prime d’eccellenza che giacciono nei magazzini inutilizzate, per i suoi capi Gaia utilizza filati di giacenza o rigenerati. Per rieducare i clienti alla qualità, alcuni pezzi sono realizzati con lane poco usate nella produzione italiana, come la Shetland. È il filato a suggerire lo stile, e non viceversa.
La qualità del filato e della lavorazione è considerato un atto di onestà e rispetto verso il cliente, oltre che una garanzia di durabilità e quindi di rispetto per l’ambiente.
I capi sono realizzati con macchinari da maglieria e impreziositi da dettagli realizzati a mano, come ricami e applicazioni, per unire manifattura ed artigianalità e garantire capi iconici e senza tempo.
La linea non si compone di collezioni, ma di monoprodotti (pochissimi pezzi, molti unici) che escono lungo tutto il corso dell’anno.
I capi vengono venduti solo sullo shop online, per limitare l’incidenza del magazzino e creare un contatto diretto con i clienti. Sono proprio i clienti, tramite uno scambio continuo sui social, a comunicarci quello che vogliono. Un contenuto coinvolgente in cui ti senti ascoltato dal brand è più efficace di una sponsorizzazione a tappeto.
L’estetica e la comunicazione si rifanno a quelle della moda degli anni ’80. Per legame affettivo, Gaia omaggia Fiorucci, Coveri e Benetton e i loro coloratissimi universi. Nelle pubblicità dell’epoca, i modelli sorridevano, e così fanno gli amici di Gaia che indossano le sue maglie durante gli shooting. Perché la gioia è un atto rivoluzionario.
Lo stile Knotwear è comfy e genderless: questo significa che non ha taglia, sesso o età. L’abbigliamento contribuisce a esprimere l’identità: c’è un forte legame tra quello che siamo e quello che indossiamo. L’obiettivo è vestire una community che vuole esplorare stili diversi da quelli presentati sulle passerelle.
Nella gestione finanziaria, al primo posto c’è il rispetto del lavoro. Anche se non è la soluzione più economica, Gaia ha deciso di produrre in Italia, e in particolare nella sua regione, non solo perché conosce il valore dell’artigianato nostrano, ma anche per essere in contatto diretto con tutte le persone che la affiancano in ogni fase, dall’ideazione alla spedizione.
In un mondo abituato ad avere tutto, subito e a prezzi ridicoli, Gaia Segattini e i designer che condividono la sua filosofia rispondono con la qualità.
Quello che altrove viene presentato come un valore aggiunto, per loro è il punto di partenza.
In veste di consumatori, abbiamo la responsabilità di investire tempo in ricerca e avere la pazienza di selezionare oggetti utili e che ci rappresentino al meglio, senza la pretesa di sconti o tempistiche di produzione impossibili.
Per una moda più etica ci vuole uno sforzo condiviso
Immagini tratte dai siti:
Per una moda più etica ci vuole uno sforzo condiviso.
Immagini tratte dai siti gaiasegattiniknotwear.it e gaiasegattini.com