Il 22 aprile è la Giornata della Terra, nata da un movimento nel 1969 e istituita nel 1970 dall’ONU per celebrare l’ambiente e la salvaguardia del pianeta. E sì, questa manifestazione ecologista, nata per ricordarci l’importanza delle risorse naturali e la sua tutela, ha ormai più di 50 anni, ma non si è per niente spenta la sua importanza per mantenere alta l’attenzione rispetto al tema.
In Italia, Earth Day Italia l’organizzazione collegata all’Earth Day Network di Washington, l’ONG internazionale che promuove la Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite, dal 2007 è molto attiva e promuove durante tutto l’anno una serie di iniziative. Quest’anno, la seconda edizione di #OnePeopleOnePlanet – maratona multimediale che ha sostituito dallo scorso anno causa pandemia il Villaggio per la Terra di Villa Borghese, la manifestazione ambientale più partecipata d’Italia – celebrerà la 51ma Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), con un palinsesto di 13 ore di diretta streaming sul canale televisivo digitale RaiPlay.
Lo spreco di cibo: un problema per la Terra
La tutela della Terra passa da azioni concrete, quelle che anche ogni cittadino può fare per limitare gli impatti negativi, per esempio riducendo lo spreco di cibo. La produzione di cibo è una delle cause principali di inquinamento da CO2 e di sfruttamento di risorse come il suolo e le acque, eppure riusciamo a buttarne via almeno un quarto di quello che acquistiamo. La società TheFork – nota piattaforma per la prenotazione del ristorante online a livello globale – è riuscita a intervistare tra marzo e aprile 2021 2200 dei suoi utenti, quindi anche i ristoratori, per comprendere come stanno cambiando le abitudini sostenibili legate al cibo e soprattutto il loro punto di vista circa gli sprechi alimentari.
Il quadro che ne è emerso indica che ancora c’è del lavoro da fare sulla cultura della sostenibilità a tavola e del #zerowaste, ma anche delle politiche di mercato, poiché è senza dubbio vero che oggigiorno, specie per chi vive in città (che è dove abitano principalemnte gli utenti ThFork) la sostenibilità ha un prezzo elevato.
Per quanto riguarda le abitudini sostenibili a livello familiare, il 48% degli intervistati esiste un problema di reperimento, cioè i prodotti a basso impatto ambientale sono difficili da trovare; il 42% invece ne fa un problema economico, sostenendo che il prezzo degli alimenti sostenibili sia troppo alto; infine per il 22% è un problema pratico perché non trovano abbastanza tempo da dedicare alla spesa – e quindi alla scelta accurata dei prodotti.
Per quanto riguarda i consumi fuori casa invece, per il 77% degli intervistati sarà abbastanza o molto importante nella scelta di un ristorante la sostenibilità alimentare e l’attenzione a particolari regimi alimentari; il 27% inoltre sarà più propenso a chiedere una doggy bag – cioè un contenitore che permetta di portare a casa gli avanzi del pasto al ristorante – rispetto a prima del lock-down.
Cresce però la consapevolezza circa questo argomento. Per l’83,8% degli intervistati i consumi alimentari hanno un impatto ambientale elevato o molto elevato. In particolar modo carne, olio di palma, frutta e verdura di importazione, pesce non di stagione e mais OGM sono percepiti come alimenti ad alto impatto ambientale, contro frutta e pesce di stagione, legumi, cereali e soia che sono invece considerati poco impattanti. Rimangono in una zona grigia la carne finta e latte e derivati – nonostante la prima sia a base di ingredienti di origine vegetale.
Consapevolezza cresciuta durante il lockdown anche per quanto riguarda gli sprechi alimentari domestici e non: per il 54,8% dei rispondenti sono diminuiti così come il consumo di alimenti ad alto impatto ambientale (39,9%).
Il peso ambientale dello spreco: dall’8% al 10% del totale dei gas serra
Che in occasione della Giornata della Terra sia proprio una realtà come TheFork a mettere l’accento sul food waste è molto importante, poiché lavorando con il mondo della ristorazione può farsi promotore di una maggiore attenzione al tema sia dentro le cucine dei ristoranti che da parte dei clienti. Secondo la ricerca “Metronomo” condotta da METRO con il supporto del Bocconi Green Economy Observatory, i ristoranti italiani dichiarano di buttare tra i 2 e i 5 sacchi da 220 litri di scarti alimentari. Media che cresce se si fa riferimento all’intero continente: lo studio “Love food, reduce waste” dell’Università degli studi di Scienze Gastronomiche rivela che l’industria alimentare produce 10,5 milioni di tonnellate di spreco alimentare (pari a 21 kg a persona) ogni anno in Europa. Ma il cibo viene sprecato anche nelle case: secondo il Food Waste Index Report 2021 pubblicato dall’ONU e in particolare dall’UNEP (United Nations Environment Programme) la quantità maggiore di spreco alimentare avviene nelle abitazioni private, nelle quali viene buttato circa l’11% di tutto il cibo acquistato. Tradotto in chilogrammi parliamo di 74 kg per abitante di scarti l’anno. Il report fornisce anche un’indicazione circa l’impatto ambientale di questo fenomeno: si stima che le emissioni associate agli sprechi alimentari rappresentino dall’8% al 10% del totale dei gas serra.
Le persone però stanno cominciando a essere più attente: uno studio Doxa realizzato per Food dice che durante il periodo di emergenza quasi 4 intervistati su 10 (il 38%) hanno aumentato la loro attenzione verso lo spreco di prodotti alimentari. Gli intervistati affermano infatti che quando cucinano a casa le seguenti abitudini sono molto o abbastanza frequenti: fare la spesa evitando gli sprechi e acquistando solo ciò che si consuma; cucinare ricette di recupero per consumare i cibi in scadenza; minimizzare l’impatto ambientale scegliendo alimenti non imballati (es. frutta e verdura sfusa, acqua del rubinetto, ecc.). Meno frequenti invece azioni come prediligere cibi sostenibili quando si fa la spesa e optare per consegna a domicilio o asporto di ristoranti attenti alla sostenibilità. Infine, quasi mai si mettono in pratica abitudini come regalare gli alimenti che altrimenti andrebbero buttati, usare gli scarti per cucinare o ancora utilizzare app di recupero come Phenix o Too Good To Go.
Nuovi strumenti che ci aiutano a non sprecare
Quanti di noi sono cresciuti sentendosi dire dalla mamma: il cibo non si spreca!
Ma con tutta la buona volontà, spesso nella vita frenetica è davvero difficile riuscire a far quadrare tutto: cibo sano, i propri conti, il tempo a disposizione per fare la spesa in modo intelligente.
C’è una società benefit che si chiama Alimentiamoci che ha costruito un servizio, Planeat, pensando proprio a questi problemi: permette di ordinare online quello che ci serve e quanto ce ne serve, cibo crudo o piatti pronti, a un costo che non è un salasso! L’obiettivo di questa società è proprio di aiutare la famiglia a pianificare la propria esigenza di cibo nella settimana e attraverso questa pianificazione raggiungere una situazione di non spreco.
Vi sono poi anche servizi come Cortilia che permettono da un lato di fare una spesa intelligente di cibi prodotti sul territorio (filiera corta, che incide positivamente sulla sostenibilità), ma che collabora da sempre con il Banco Alimentare al quale devolve regolarmente tutto il cibo invenduto che così non viene sprecato.
O, ancora, app di prossimità come Last Minute sotto Casa – LMSC – che fanno leva sulla dimensione di quartiere e permettono al negoziante che ha alimenti freschi vicini alla scadenza o in eccedenza, di inviare offerte scontate attraverso la app per evitare gli sprechi.
Insomma, prima di tutto è importante la consapevolezza del danno per la Terra che comporta lo spreco alimentare e la voglia di essere parte della soluzione e non del problema stesso. Non buttare cibo dipende da noi.
Ma ci sono anche tanti strumenti anche divertenti che ci aiutano a fare le cose giuste.
Foto di copertina by FOODISM360