Mentre dall’udienza generale in vaticano Papa Francesco sollecita i genitori a ‘non condannare i figli gay’ in Germania avviene ciò che si definisce ‘il più grande coming out nella storia della Chiesa cattolica’.
Forse sono maturi i tempi perché la Santa Chiesa evolva la propria concezione di sessualità; forse, travolta dagli scandali sulla pedofilia che continuano a venir fuori, sarà il caso di smetterla di nascondersi dietro un dito, fare i conti con la realtà e recuperare credibilità.
Da un lato, c’è l’esigenza di chiarire una volta per tutte gli scandali degli abusi e approfondire il perchè e il per come di questa dolorosa piaga. Dall’altra, c’è l’esigenza di rivedere la propria posizione sull’omossesualità. La società è già oltre
Il Papa già nel 2020 aveva lanciato al mondo un messaggio forte di accettazione delle persone di diverso orientamento sessuale: “Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile.” Dalla scorsa estate per la prima volta la Chiesa cattolica ha preso ufficialmente posizione contro le cosiddette «terapie riparative», cioè i trattamenti per «guarire» dall’omosessualità.
Da capire se quello che sta avvenendo in Germania darà manforte a questa apertura verso la comunità LGBTQ+ o piuttosto determinerà, per difesa, una chiusura a riccio.
Il coming out tedesco
Nei giorni scorsi la televisione pubblica tedesca ARD ha trasmesso il documentario “Wie Gott uns schuf” (“Come Dio ci ha creati”) in cui 100 persone che lavorano a vario titolo per la Chiesa e le istituzioni cattoliche fanno coming out, rischiando però con questa loro esposizione pubblica il licenziamento, come ha riportato il quotidiano italiano Il Post. Sono funzionari amministrativi, dipendenti di varie diocesi, insegnanti, educatori, assistenti sociali, professionisti del settore medico e sanitario, addirittura saceroti: tutti e tutte sono credenti e si sentono profondamente addolorati per il trattamento che la Chiesa riserva loro, costringendoli praticamente a una doppia vita.
Qui è possibile vedere il docu-film in lingua originale.
A seguito dell’uscita del film, altre 125 persone che collaborano con la Chiesa e che sono credenti hanno lanciato l’iniziativa #OutInChurch chiedendo la fine della discriminazioni contro le persone LGBTQ+, si legga qui il loro manifesto pubblicato anche in italiano.
E’ ovvio che vi è una situazione diventata insostenibile per tutte queste persone: fingere e nascondere la propria identità ed orientamento sessuale per poter lavorare per enti e istituzioni cattoliche, sentirsi costantemente sotto ricatto, non è più tollerabile. Purtroppo, in Germania ai dipendenti e alle dipendenti delle istituzioni cattoliche si applica un diritto del lavoro speciale, stabilito dalla Chiesa stessa, che prevede dei doveri di lealtà e l’impegno a vivere secondo i princìpi della fede e della morale cattolica, compreso quello che riconosce esclusivamente i cosiddetti “legami secondo natura”, cioè tra un uomo e una donna.
Nel nome del Signore
In Italia, la comunità cattolica Lgbtq+ si era fatta sentire ai tempi dell’alzata di scudi della Chiesa contro il DDL Zan, una comunità piuttosto viva e autenticamente religiosa, benchè in tanti si sentano, per dirla con parole loro, ‘figli di un Dio minore’.
Chissà se adesso questa comunità si unirà a quella tedesca nell’iniziativa #OutInChurch, scritta in 12 lingue proprio per favorire una larga adesione.
Parole forti nel messaggio, che invocano accettazione e riconoscimento, ma anche richiamano la Chiesa (quella moraleggiante e discriminante) a domandarsi se davvero può parlare nel nome di Cristo.
“Le persone LGBTIQ+ devono ottenere un accesso libero a tutti i compiti pastorali. Inoltre, la Chiesa, nei suoi riti e occasioni solenni, ha il dovere di esprimere che le persone LGBTIQ+, sia che vivano da sole o in una relazione, sono benedette da Dio e che il loro amore porta una varietà di frutti. Di questo dovere fa parte anche benedire coppie omosessuali che di tale benedizione facciano richiesta.
Con tutte queste richieste, facciamo oggi, insieme,il passo per uscire dall’ombra. Lo facciamo per noi stessi e lo facciamo in solidarietà con altre persone LGBTIQ+ all’interno della Chiesa Cattolica, che non hanno (ancora) o non hanno più la forza di farlo. Lo facciamo in solidarietà con tutte le persone che sono esposte a stereotipi ed emarginazione attraverso sessismo, rifiuto, antisemitismo, razzismo e tutte le altre forme di discriminazione.
Ma lo facciamo anche per la Chiesa. Perché siamo convinti che solo l’azione nella verità e nell’onestà rende giustizia a ciò per cui la chiesa dovrebbe esistere: la proclamazione del messaggio gioioso e liberante di Gesù. Una Chiesa che ha al suo centro la discriminazione e l’esclusione delle minoranze sessuali e di genere deve accettare che le si chieda se, nel farlo, può fare riferimento a Gesù Cristo”.