I diritti degli animali: traffico di animali selvatici e bracconaggio

Bracconaggio e traffico illegale di animali selvatici sono un fenomeno pericoloso ed estremamente diffuso anche in Italia. Come si evolve la legge

Il traffico illegale di animali selvatici, insieme a quello di esseri umani, di droga e di armi, rappresenta uno dei business più redditizi del Pianeta, con un giro d’affari che ammonta a 23 miliardi di dollari all’anno.

Gli animali selvatici vengono commercializzati, in tutto il mondo, con svariate finalità: come animali domestici, come fonte di medicine tradizionali orientali o semplicemente di cibo, come ornamenti, per collezionismo oppure per realizzare oggetti di lusso.

Si tratta di crimini che provocano danni inestimabili: danni al benessere e alla salute degli animali strappati dai loro ambienti naturali e commercializzati in condizioni deplorevoli; danni alla biodiversità perché viene alterato l’equilibrio degli ecosistemi ai quali appartengono gli animali catturati; danni alla conservazione delle specie rare o protette; danni alla salute dell’uomo perché le specie selvatiche sono spesso fonte di gravi zoonosi (patologie trasmesse dall’animale all’uomo); danni economico-sociali, perché si arricchiscono le organizzazioni criminali transnazionali, anche di stampo mafioso.

Il traffico di animali selvatici in Italia

Nel nostro Paese, oltre il 22% dei reati ambientali colpisce la fauna.

L’Italia, in particolare, si distingue tristemente per il traffico illegale internazionale di tigri e per il bracconaggio dell’avifauna (uccelli).

Quest’ultimo è molto diffuso in ragione del fatto che l’Italia rappresenta una rotta importante per tantissime migrazioni stagionali.

Dal 2009 al 2020 sono stati riscontrati oltre 35.500 illeciti contro la fauna selvatica, con una media di quasi 250 illeciti ogni mese.

Le “kill zone” segnalate dal Ministero dell’Ambiente attraversano tutta la penisola e in particolare sono:

– le Valli alpine e prealpine della provincia di Brescia per il pettirosso;

– lo Stretto di Messina per il falco pecchiaiolo, detto anche adorno e per le cicogne;

– la Sicilia per la predazione delle uova dai nidi dell’aquila del Bonelli e della berta maggiore;

– il delta del Po;

– le coste e zone umide pugliesi;

– la Sardegna meridionale;

– le coste campane;

– le coste laziali, comprese le isole Ponziane e Flegree.

In Italia, la norma che tutela la fauna selvatica omeoterma (mammiferi e uccelli) e disciplina l’attività di caccia è la Legge n. 157 del 1992.

Legambiente, nel recente report dal titolo “La tutela della fauna selvatica e il bracconaggio in Italia” sostiene fermamente l’inefficacia della normativa e dei controlli per le seguenti ragioni:

la legge risulta ormai “datata” e non più rispondente alle urgenze connesse con la crisi della biodiversità, ed inadeguata perché tutela solo l’1,1% di tutte le specie animali presenti stabilmente o temporaneamente nel nostro territorio;

– la legge non regolamenta le tante attività umane come agricoltura, forestazione e viabilità che hanno quotidiana relazione con la fauna selvatica omeoterma;

– la legge lascia solo poco più di 3 milioni di ettari per la tutela della fauna alla gestione degli Enti pubblici;

– a causa del rapporto che c’è tra il numero di carabinieri forestali per ogni 1.000 ettari, nei Parchi nazionali, e ogni 10.000 ettari altrove, viene arrestato solo un bracconiere ogni 150 azioni di bracconaggio.

In aggiunta a ciò, nel Rapporto Ecomafia 2020, con riferimento al sistema giudiziale e sanzionatorio, Legambiente evidenzia come più della metà dei procedimenti penali si risolve in primo grado senza alcuna sanzione penale, la maggior parte dei procedimenti portati avanti termina con l’oblazione (in virtù della quale, attraverso il pagamento allo Stato di una somma di denaro prestabilita, si estingue il reato), con la non procedibilità per la tenuità del fatto o con prescrizioni.

Per questi motivi, in Italia come nel resto del mondo, “il commercio illegale di animali selvatici è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni perché è considerato un’attività a basso rischio e alto rendimento”.

Ultime novità legislative per la tutela degli animali

Proprio questo mese, è stato sottoposto a parere parlamentare uno schema di decreto legislativo “in materia di commercio, importazione, conservazione di animali della fauna selvatica ed esotica, e formazione per operatori e professionisti degli animali, anche al fine di ridurre il rischio di focolai di zoonosi, nonché l’introduzione di norme penali volte a punire il commercio illegale di specie protette”.

Lo schema del decreto legislativo in esame è stato adottato ai sensi dell’articolo 14, comma 2, della legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020), che reca disposizioni di attuazione del Regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016.

pettirosso
Pettirosso canterino – Lipu

Animal Health Law

Il suddetto Regolamento (“Animal Health Law”) riguarda la gestione delle malattie animali e zoonotiche trasmissibili dagli animali allevati a fini zootecnici e da tutti gli animali terrestri, compresi gli animali da compagnia, selvatici ed esotici tenuti in cattività.

Questo Regolamento ha il pregio di riunire le disposizioni della normativa di settore abrogando numerosi provvedimenti adottati dagli anni ‘60 ad oggi, con l’obiettivo di regolamentare il benessere animale in un unico quadro normativo. Esso rappresenta un risultato importante della nuova strategia per la salute degli animali nell’Unione europea.

Lo schema di decreto legislativo è tenuto ad uniformarsi ai criteri e ai principi direttivi stabiliti dalla Legge Delega, in particolare:

– adeguare e coordinare le disposizioni nazionali vigenti in materia di sanità e benessere animale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429 e relativi regolamenti delegati e di esecuzione, incluse quelle riguardanti le malattie animali non elencate nell’articolo 5 del medesimo regolamento, con abrogazione espressa delle norme nazionali incompatibili (lettera a);

– individuare (…) il Ministero della salute quale autorità competente veterinaria centrale responsabile del coordinamento delle autorità competenti regionali e locali in materia di programmazione ed esecuzione dei controlli ufficiali e delle altre attività ufficiali previste dal medesimo regolamento (lettera b);

– prevedere per gli operatori e i professionisti degli animali la formazione periodica finalizzata all’acquisizione di conoscenze adeguate in materia di malattie degli animali, comprese quelle trasmissibili all’uomo, principi di biosicurezza, interazione tra sanità animale, benessere degli animali e salute umana, buone prassi di allevamento delle specie animali di cui si occupano e resistenza ai trattamenti, compresa la resistenza antimicrobica, estendendo la formazione periodica anche agli operatori che vendono o trasferiscono in altro modo la titolarità di futuri animali da compagnia (…) (lettera n);

– conformare la normativa ai principi della chiarezza e della semplificazione e semplicità applicativa, per non appesantire sul piano documentale e formale l’attività dei soggetti chiamati alla sua applicazione (lettera o);

– introdurre sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429 (lettera p);

– prevedere ulteriori misure restrittive al commercio di animali, affiancate da un sistema sanzionatorio adeguato ed efficace, tra cui uno specifico divieto di importazione, conservazione e commercio di fauna selvatica ed esotica, anche al fine di ridurre il rischio di focolai di zoonosi, nonché l’introduzione di norme penali volte a punire il commercio di specie protette (lettera q).

Aquila del Bonelli, oggetto di bracconaggio

Numerose dunque le importanti novità che questo decreto potrebbe introdurre nel nostro paese, dai sistemi di registrazione e monitoraggio alla formazione degli operatori, alle restrizioni per preservare la biodiversità alle sanzioni.

In particolare, infatti, nel testo sottoposto ad esame si legge che viene vietata l’importazione, la detenzione, il commercio di animali vivi di specie selvatiche ed esotiche prelevati dal loro ambiente naturale, nonché gli ibridi tra gli esemplari di dette e di altre specie o forme domestiche prelevate dal loro ambiente naturale.

Allegati al Decreto vi saranno un elenco degli animali da compagnia di specie selvatiche ed esotiche, compresi nell’Allegato I del Reg UE n. 429/2016, che possono essere detenuti, commercializzati ed importati e un elenco delle specie selvatiche che invece sono da considerarsi pericolose per la salute, l’incolumità pubblica e la biodiversità, e delle quali è vietata la detenzione.

Nel testo vengono previsti alcuni casi di deroga a tale divieto, ad esempio: i giardini zoologici, gli stabilimenti autorizzati per la protezione degli animali a fini scientifici, le specie selvatiche riconosciute come animali di compagnia previste da apposito decreto del Ministero della Salute, gli animali sequestrati o confiscati o gli animali impiegati nei progetti di reintroduzione e ripopolamento.

Tutti quei soggetti che oggi detengono esemplari vivi di specie comprese nell’elenco delle specie pericolose sono tenuti a farne denuncia – a seconda dei casi, al Ministero della transizione ecologica, alla Prefettura, o al Ministero della salute e alla ASL territorialmente competente entro 90 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale del citato decreto.

Disposizioni particolari vengono dettate per i circhi e le mostre faunistiche viaggianti, i quali vengono autorizzati a detenere gli esemplari delle specie anche se comprese nell’elenco riguardante le specie che costituiscono pericolo per la salute e per l’incolumità pubblica, posseduti alla data di pubblicazione del decreto, ma solo fino al termine della vita naturale degli stessi e a condizione che siano adottate misure idonee ad assicurarne l’impossibilità di riproduzione.

Per quanto riguarda il nuovo sistema sanzionatorio, lo schema del decreto introduce nuove sanzioni amministrative pecuniarie – ad esempio per i servizi veterinari delle ASL e per le autorità competenti ai controlli se non verificano che negli stabilimenti siano adottate “misure idonee a garantire l’impossibilità di riproduzione e di fuga degli esemplari” e che gli stessi “siano mantenuti in condizioni tali da garantirne il benessere”; oppure in caso di violazione degli obblighi di denuncia (fino a 60.000 euro).

Introduzione sanzioni penali

Viene introdotto il reato, di natura contravvenzionale, punito con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda da 20.000 a 300.000 euro per la violazione del divieto di importazione, detenzione e commercializzazione di animali vivi di specie selvatiche ed esotiche prelevati dal loro ambiente naturale e per la violazione del divieto di detenere animali vivi di specie selvatica, anche se nati e allevati in cattività, che costituiscano pericolo per la salute e l’incolumità pubblica o delle prescrizioni dell’autorizzazione alla detenzione;

– viene introdotta la confisca degli esemplari, anche in assenza di condanna penale o di accertamento dell’illecito amministrativo, quando siano violati i divieti concernenti gli esemplari vivi di specie selvatiche ed esotiche (art. 3); le disposizioni in materia di specie pericolose per la salute, l’incolumità pubblica o per la biodiversità (art. 4); le disposizioni per i detentori di animali di specie selvatica (art. 6); le disposizioni per i detentori di scorte commerciali di animali di specie selvatiche ed esotiche (art. 7);

– viene introdotto un comma all’art. 727-bis del codice penale per punire con l’arresto da 2 a 8 mesi e con l’ammenda fino a 10.000 euro chiunque, fuori dai casi consentiti, viola i divieti di commercializzazione delle specie animali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa (previsti dall’art. 8, comma 2, del DPR n. 357 del 1997).

Conclusioni

Dopo il recente inserimento della tutela dell’ambiente e della biodiversità nella nostra Costituzione – si ricorda il nuovo testo dell’art. 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali – lo schema di decreto qui esaminato fa ben sperare che questo sia un ulteriore importante passo del lungo percorso legislativo e culturale del riconoscimento di una tutela piena, diretta ed efficace dei diritti di tutti gli animali e dei loro ecosistemi.

Proprio in quest’ottica sistemica, infatti i nuovi divieti si pongono l’obiettivo di riequilibrare il rapporto tra la sanità animale e:

— la sanità pubblica;

— l’ambiente, compresi la biodiversità e le risorse genetiche preziose, nonché le ripercussioni del cambiamento climatico;

— la sicurezza degli alimenti e dei mangimi;

— il benessere degli animali, compresa l’esigenza di risparmiare loro dolore, angoscia o sofferenza evitabili;

— la resistenza antimicrobica;

— la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare.

Cosa possiamo fare noi?

Per combattere i crimini contro la fauna selvatica, sono numerosissime le associazioni e le iniziative nazionali ed internazionali alle quali possiamo dare tutti un contributo. Eccone solo alcune:

– WWF: https://www.wwf.it/cosa-puoi-fare-tu/

– Legambiente: https://www.legambiente.it/cosa-puoi-fare/

– Lipu: http://www.lipu.it/come-aiutare-la-natura

– Traffic: https://www.traffic.org

– Swipe: https://stopwildlifecrime.eu

Avv. Francesca Gardella di freebly, prima società benefit tra avvocati in Italia

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