La cacca potrebbe salvare il Pianeta

L’agricoltura ha bisogno di soluzioni ecologiche per produrre cibo in modo sostenibile, senza impoverire i suoli. Eccone una insolita, forse buffa, ma che merita di essere considerata più seriamente.

È noto, ormai, che l’agricoltura rappresenta uno dei settori economici e produttivi più inquinanti in assoluto a livello globale. La produzione di cibo – di cui la componente maggiore è quella derivante dall’allevamento e dalle produzioni agricole impiegate per sostenerlo attraverso la produzione di mangimi –, infatti, è responsabile da sola del 26% delle emissioni di gas serra di origine antropica, cui si aggiungono lo sfruttamento di terre (il 50% dello sfruttamento globale) e quello di acqua dolce (70%). Per questo quello agricolo non può che essere un comparto centrale nel ripensamento del futuro della produzione alimentare, dal momento che non è sostenibile nutrire una popolazione mondiale che si avvia a raggiungere i 10 miliardi di persone, in un Pianeta sempre più caldo e inquinato. Tra le soluzioni che possono contribuire a rendere più ecologico e meno impattante il settore agricolo, però, ce n’è una che all’apparenza potrebbe fare storcere il naso, ma che se presa sul serio può rappresentare davvero una miniera d’oro sotto mentite spoglie: le feci umane.

Considerati nella nostra cultura come un semplice rifiuto – possibilmente di cui tacere – gli escrementi possono rappresentare una risorsa inaspettata, sia, per così dire, come materia prima, sia indirettamente, cioè attraverso la produzione di fertilizzanti da essi derivati attraverso processi di laboratorio. D’altronde, storicamente, la pratica di utilizzare le feci umane come fertilizzante non è nuova, essendo anzi stata diffusa in diverse culture. Solo in tempi relativamente recenti, con la diffusione delle reti fognarie e dei sistemi di smaltimento delle acque reflue, questa pratica è stata abbandonata in favore di un approccio più centralizzato ed efficiente al trattamento dei rifiuti, in cui quelli umani hanno finito per rientrare a pieno titolo nella stessa logica dell’ “usa e getta” che oggi permea gran parte dei nostri consumi e che, non a caso, ha dato un contributo importante alla crisi climatica.

Potrebbe essere giunto il momento di riconsiderare questa scelta, abbracciando anche rispetto agli scarti biologici l’approccio dell’economia circolare che oggi è, in effetti, ritenuta una delle soluzioni più efficaci al cambiamento climatico e alla riduzione dei rifiuti. La mentalità di disperdere e scartare risorse anziché cercare modi per valorizzarle ha avuto – oggi lo sappiamo bene – un impatto devastante sull’ambiente; per questo, riconsiderare il potenziale delle feci umane rappresenta un passo verso un cambiamento di mentalità, dove i “rifiuti” vengono trasformati in risorse utili. Ma come?

La sicurezza prima di tutto

La doverosa premessa a ogni possibile riflessione riguarda la sicurezza sanitaria. Le società industrializzate hanno speso miliardi per la costruzione e il perfezionamento di sistemi igienico-sanitari che rimuovono i rifiuti in modo rapido ed efficiente e li tengono il più lontano possibile, per buoni motivi: se non adeguatamente trattata, infatti, la materia fecale si riversa nei laghi e nei fiumi, contaminando l’acqua potabile e causando epidemie di malattie anche potenzialmente letali, come colera, dissenteria e poliomielite, da cui la storia è drammaticamente segnata e che rappresentano un problema reale ancora oggi nelle aree meno sviluppate del Pianeta, dove i sistemi fognari sono carenti o assenti; tanto che, secondo un rapporto dell’American Society of Microbiology, l’impatto delle malattie gastrointestinali nei paesi in via di sviluppo è stimato in oltre 26 miliardi di casi all’anno. Per questo, sistemi igienico-sanitari adeguati rappresentano un passo verso il progresso sociale e sanitario di inestimabile valore e parlare di feci come fertilizzante agricolo oggi non mette, ovviamente, in discussione questo risultato e punta, invece, a sistemi di recupero del residuo biologico pienamente sicuri e igienici.

La sporca storia del concime umano

Se a noi oggi l’idea di usare le feci umane per coltivare i campi suona indecente bisogna forse guardare al Giappone: qui storicamente, rispetto a gran parte d’Europa e Nord America, i terreni non erano adatti all’agricoltura, essendo costituiti per lo più da suoli sabbiosi e poveri di nutrienti che necessitavano di una concimazione continua per produrre in quantità adeguate. Quando nel XVIII secolo la popolazione giapponese cominciò a crescere in modo consistente e il fabbisogno di cibo aumentò di conseguenza, ci fu bisogno di più fertilizzanti. La soluzione venne dai cittadini stessi e in particolare dai loro scarti. Questo letame umano arrivò a essere così prezioso che la prerogativa della sua raccolta divenne oggetto di controversie e il furto di escrementi un crimine punibile dalla legge, che poteva comportare anche il carcere. Proprio questa situazione, tra l’altro, permise alle città giapponesi di essere molto più pulite e igieniche delle contemporanee europee che, prima dell’arrivo delle reti fognarie, avevano costantemente a che fare con latrine traboccanti e vari problemi igienico-sanitari.

Proprio questi hanno indotto le nazioni occidentali a costruire e migliorare continuamente i sistemi fognari moderni, che da un lato hanno risolto il problema delle infezioni parassitarie e delle epidemie, ma dall’altro ne hanno portati altri; nei luoghi in cui le acque reflue venivano scaricate in acqua, infatti, inquinavano i fiumi e torrenti, mentre dove l’acqua veniva trattata e rilasciata i biosolidi venivano bruciati e il fumo così prodotto inquinava l’aria. Inoltre, se nel breve termine il sistema igienico-sanitario occidentale ha salvato milioni di vite, a lungo andare si sta rivelando costoso e soprattutto poco ecologico, dal momento che richiede molte risorse, dall’acqua all’energia, troppo spesso prodotta da combustibili fossili.

Una fonte abbondante di fertilizante

Uno dei problemi critici dell’agricoltura di oggi è la scarsità di fertilizzanti, tanto più importanti quanto più i terreni sono impoveriti da decenni di sfruttamento intensivo. L’uso di fosfato, un elemento chiave nei fertilizzanti, ad esempio, è in rapido esaurimento, anche perché la sua estrazione da riserve naturali è insostenibile, cosa che spinge alla ricerca di alternative. Guarda caso, le feci umane sono molto ricche di azoto e fosforo, due sostante fertilizzanti molto efficaci. Così oggi i ricercatori stanno esplorando la possibilità di recuperare fosfato e altri nutrienti dalle acque reflue umane per produrre fertilizzanti, soluzione che non solo risolverebbe il problema della scarsità di fertilizzanti, ma contribuirebbe anche a chiudere il ciclo dei nutrienti in modo ecologico.

Una risorsa preziosa per l’economia circolare

D’altronde, in altre culture gli escrementi non hanno smesso di essere visti come una risorsa (a costo zero e rinnovabile) da sfruttare, a maggior ragione laddove la realizzazione di efficienti impianti igienici è più difficile. Alcuni agricoltori in Messico – un Paese dove le acque reflue non trattate finiscono spesso nei fiumi e che sta cercando di affrontare problemi attuali come l’inquinamento delle acque e l’impoverimento dei suoli –, ad esempio, hanno trovato la loro soluzione ecologica impiegando proprio le feci compostate per fertilizzare i loro campi, processo che consente di risparmiare acqua e ridurre l’inquinamento, dato che gli escrementi non vengono scaricati nel sistema fognario.

Così, ad esempio, la start-up keniana Sanivation ha sviluppato un metodo che converte i liquami in un combustibile alternativo al carbone e che evita l’abbattimento di alberi. La britannica Loowatt, invece, gestisce il suo sistema di raccolta dei rifiuti situato in Madagascar trasformando gli escrementi – recuperati attraverso appositi wc pubblicizzati anche come perfetti per le strutture di ecoturismo – in fertilizzanti e biogas, una forma di gas naturale che può essere impiegata per produrre energia.

Gli ostacoli per questa forma di economia circolare oggi nel ricco Occidente sono per lo più normativi e culturali. La regolamentazione e il controllo della qualità sono fondamentali per garantire che l’uso dei fertilizzanti derivati dalle feci umane sia sicuro per la salute umana e per l’ambiente, ma non meno importante è il superamento della reticenza culturale a questa idea, che necessita di una riconsiderazione del nostro atteggiamento nei confronti di quelli che trattiamo come “rifiuti”. Quello della cacca oggi rimane, nella nostra società, un argomento tabù, ma, considerando la crisi globale dei fertilizzanti e l’urgenza di adottare pratiche agricole più sostenibili, potrebbe rappresentare un passo audace verso un futuro più ecologico e merita per questo di essere preso in considerazione. Come direbbe il poeta: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.

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