La filiera tessile è l’insieme delle fasi e dei processi che trasformano le materie prime tessili in prodotti finiti, come abbigliamento e tessuti, attraverso una sequenza di attività che include produzione, lavorazione, confezione e distribuzione. Il suo impatto ambientale e sociale è elevato. La sostenibilità della filiera tessile è pertanto oggetto di una grande attenzione, anche legislativa, che spinge verso un cambiamento radicale che ruota attorno al concetto di responsabilità, di marchi, produttori e consumatori, rispetto alla produzione ma anche al fine vita dei prodotti tessili.
La complessità della filiera tessile
La filiera tessile è pertanto un argomento complesso, spesso circondato da numerosi pregiudizi e grandi equivoci. Unirau è una delle associazioni chiave nel contesto di Assoambiente, un’organizzazione suddivisa in quattro settori principali: raccolta dei rifiuti, bonifiche ambientali, gestione degli impianti e Unicircular, il settore che rappresenta le filiere dell’economia circolare del riciclo.
All’interno di Unicircular operano diverse associazioni specifiche per ciascuna filiera, come Assoraee per l’elettronica, Unirigom per le gomme, Ampar per i materiali da costruzione, Ada per gli autodemolitori, e Unirau, che si occupa della frazione tessile dei rifiuti urbani.
Raccolta differenziata dei tessili
È fondamentale chiarire la differenza tra la raccolta differenziata dei tessili urbani e quella dei tessili industriali.
I tessili urbani provengono dai consumatori, fanno parte del mercato libero e possono essere reinseriti nel ciclo produttivo attraverso il riciclo.
I tessili industriali, che includono gli scarti di produzione, sono rifiuti speciali e richiedono gestione e trattamenti specifici.
La gestione dei rifiuti tessili urbani prende a sua volta strade diverse a seconda del codice CER di riferimento.
Il codice CER 20.01.10, comprende abbigliamento e accessori come borse, pelle, cerniere; il codice CER 20.01.11, include prodotti tessili quali tende, asciugamani, lenzuola e federe.
Raccolta e smistamento: il ruolo dei selezionatori
La gestione della raccolta tessile nei territori locali segue una procedura ben definita.
Le autorità locali, come i comuni o i consorzi di comuni, sono responsabili dell’organizzazione della raccolta. Responsabilità gestita tramite appalti pubblici, in cui le cooperative locali presentano offerte per ottenere il contratto di raccolta e gestione dei rifiuti tessili, di cui si fanno carico a 360°. Dai cassonetti (di norma, 1 per circa 1.000 abitanti) a un sistema di incentivazione che garantisca efficienza e profitto.
Gli operatori di questo settore, noti come selezionatori, svolgono un ruolo cruciale: raccolgono i tessuti, li dividono per qualità, li igienizzano secondo le normative vigenti (D.M. Ambiente del 5 febbraio 1998) e li preparano per la rivendita nel mercato dell’usato.
Un sistema che va a beneficio dell’impatto complessivo del settore e ne supporta una virtuosa economia circolare.
Downcycling e riciclo
Tutto ciò che non può essere rivenduto, segue principalmente due percorsi: downcycling o riciclo, dove il secondo è attualmente molto limitato.
– Downcycling: prevede taglio per stracci o la sfilacciatura. I tessuti non vendibili vengono trasformati in pezzame industriale, specialmente se di cotone, data la sua capacità assorbente. Materiale che trova impiego principalmente in contesti industriali dove necessitano stracci per la pulizia. Altrimenti, con un processo di sfilacciatura, i tessuti vengono trasformati in una sorta di ovatta, utilizzata per pannelli fonoassorbenti o come imbottitura per diversi prodotti;
– riciclo di fibra: raro e per quantità molto limitate, a causa della tipologia e composizione delle fibre attualmente disponibili sul mercato: per lo più miste con elevati livelli di materiali sintetici, o comunque di qualità molto bassa. Tecnicamente complesse da riciclare, con risultati di scarsa qualità. Il monomateriale, soprattutto se di qualità, è più semplice da riciclare e restituisce una fibra di maggiore valore.
L’assenza di omogeneità e tracciabilità dei lotti di indumenti raccolti complica ulteriormente il processo di riciclo. Non essendo possibile determinare la composizione chimica precisa dei tessuti o la loro provenienza, è difficile garantire la sicurezza e la qualità del materiale riciclato per certificare il suo uso come materia prima seconda.
Le prospettive del riciclo tessile
Fino al 2021, la raccolta di questi materiali non era obbligatoria in Italia, bensì una pratica volontaria adottata da alcuni comuni che vedevano nel riciclo dei tessuti un’opportunità.
Dal I gennaio 2022, tuttavia, la raccolta differenziata del tessile/abbigliamento è diventata obbligatoria in Italia e lo sarà in tutta Europa entro il 2025.
Un cambiamento che formalizza pratiche già esistenti in alcuni comuni e spinge gli altri a uniformarsi, garantendo un approccio più strutturato e capillare alla gestione dei tessili a fine vita.
La filiera del riciclo tessile/abbigliamento si è sviluppata perché esiste un mercato consolidato e in crescita per i prodotti usati, alimentato sia dall’interesse per il vintage che dalla necessità di riutilizzare le materie prime.
La raccolta dei rifiuti tessili dunque funziona, ma i problemi nascono quando si tratta di gestire i materiali non riutilizzabili, come il pezzame.
Migliorare questo aspetto potrebbe portare a un aumento del riciclo da fibra a fibra.
Per arrivare a questo obiettivo, è necessario implementare un passaporto digitale del prodotto, che garantisca la tracciabilità. Al momento, questo non è ancora possibile a causa della mancanza di risorse e della bassa qualità dei materiali riciclati, che spesso costano più delle materie prime vergini. Un futuro basato sul riciclo efficiente richiederà un sostegno economico per evitare di mettere sul mercato fibre che nessuno vuole acquistare. Il sistema EPR dovrà trovare modi efficaci per utilizzare i fondi derivanti dagli eco-contributi pagati dai consumatori. I produttori trasferiranno questi contributi ai consorzi di cui fanno parte, i quali dovranno collaborare con i comuni per utilizzare questi fondi in modo ottimale.
EPR: dai selezionatori ai consorzi
Il modello dei selezionatori si è consolidato nel tempo. Tuttavia, il panorama sta cambiando.
L’introduzione di nuove normative e l’obbligo dell’EPR (Extended Producer Responsibility), vedrà l’ingresso di nuovi attori significativi: i consorzi di produttori.
Questi consorzi avranno il compito di raggiungere obiettivi specifici che saranno delineati nei decreti attuativi dell’EPR. In questo nuovo scenario, le risorse non saranno più generate unicamente dalla vendita dei materiali raccolti, poiché il sistema dovrà integrare finanziamenti derivanti dall’EPR.
Inoltre, l‘introduzione dell’eco-progettazione mirerà a rendere i prodotti non solo più durevoli, ma anche più facilmente riciclabili.
Questo cambio di approccio alla produzione e alla vendita si prefigge di migliorare la qualità e la sostenibilità dei prodotti tessili fin dall’inizio del loro ciclo di vita.
In sostanza, la filiera tessile si sta evolvendo da un modello basato principalmente sul riciclo di materiali post-consumo a un sistema che incoraggia e valorizza la produzione sostenibile e il riciclo efficace fin dalla progettazione del prodotto, coinvolgendo i produttori in modo più diretto e responsabile nella gestione del ciclo di vita dei loro prodotti.
Implementazione dell’EPR
Quando il regime di EPR nel settore tessile sarà istituito, i consorzi già costituiti dovranno presentare una domanda di accreditamento al Ministero. Solo allora potranno iniziare a operare, acquisire nuovi iscritti e attingere agli eco-contributi.
A livello nazionale, si era iniziato a lavorare su una bozza di EPR già un paio di anni fa. Tuttavia, diverse posizioni e la modifica della risoluzione del parlamento europeo per i prodotti tessili sostenibili e circolari, hanno rallentato il percorso nazionale. La speranza è che la direttiva europea possa procedere senza ulteriori ritardi, fornendo così una base normativa solida e condivisa a livello continentale.
Produzione e responsabilità nel regime EPR
In Italia, ci sono molti produttori di semilavorati, spesso concentrati in distretti industriali rinomati per la loro qualità.
Tuttavia, nelle filiere EPR, i responsabili sono coloro che mettono il marchio sul prodotto finito e lo immettono sul mercato. Questo significa che il produttore responsabilizzato è quello che vende il prodotto finito con il proprio marchio.
PRIMO GRANDE EQUIVOCO: non sono i produttori di filo di seta o altri semilavorati a essere responsabili, ma quelli che vendono il prodotto finale con il proprio marchio, come il foulard fatto con quel filo di seta.
Ad esempio, OVS vende abbigliamento con il proprio marchio, ma non produce direttamente i capi, tuttavia ne è responsabile.
Questo è un punto spesso frainteso.
Raccolta differenziata e cooperazione sociale
SECONDO GRANDE EQUIVOCO: esiste una differenza tra dono e rifiuto. In molte culture occidentali, donare vestiti usati è considerato un atto di generosità, come nel racconto di San Martino. Negli anni ’50, i vestiti venivano passati tra sorelle e fratelli. Oggi, con l’aumento dei consumi e la diminuzione del numero di figli, i vestiti usati vengono spesso donati a parrocchie o a enti come la Caritas. Questi enti sono esentati dalla gestione dei rifiuti secondo l’Articolo 14 della legge Gadda, purché questi prodotti vengano portati direttamente presso la loro sede. Se qualcosa avanza e non può essere riutilizzato, allora diventa rifiuto. Le raccolte differenziate sono effettuate tramite cassonetti e riciclerie.
Spesso, la raccolta è gestita da cooperative sociali, che possono sembrare organizzazioni caritatevoli. Questo porta a un fraintendimento da parte dei cittadini, che pensano di fare una donazione piuttosto che conferire rifiuti.
Alcune cooperative potrebbero sfruttare questo equivoco per ottenere materiali di migliore qualità. La chiave del successo del regime EPR sarà l’educazione e la comunicazione chiara per evitare malintesi. I produttori devono essere consapevoli delle loro responsabilità e i cittadini devono comprendere la differenza tra donazione e conferimento di rifiuti, garantendo così un sistema efficiente e sostenibile.
Trasparenza con i cittadini: l’esportazione di rifiuti tessili
È fondamentale essere chiari e trasparenti con i cittadini riguardo all’esportazione dei rifiuti tessili. Questa può avere tre diverse modalità:
- esportazione a selezionatori stranieri: le raccolte differenziate vengono esportate a selezionatori situati all’estero, come in Tunisia. Questi selezionatori recuperano i materiali e li vendono nei loro mercati dell’usato. Questo processo è positivo, poiché alimenta i mercati locali e favorisce il riutilizzo;
- esportazione di prodotti usabili: in Italia, i tessuti vengono selezionati, e i prodotti ancora usabili vengono esportati in paesi con basso potere d’acquisto, come il Ghana. Anche questa pratica è positiva, poiché fornisce vestiti a comunità che ne hanno bisogno e supporta i mercati locali dell’usato;
- esportazione di scarti – IL TERZO GRANDE EQUIVOCO: gli scarti delle selezioni europee vengono esportati sotto la falsa dicitura di “prodotti usati“, ma in realtà sono rifiuti non utilizzabili. Questi finiscono spesso ai bordi delle strade nei paesi di destinazione, dove le leggi ambientali sono meno rigide. Questa pratica è negativa e dannosa per l’ambiente e le comunità locali.
La trasformazione della filiera tessile
Stiamo vivendo un periodo di trasformazione e strutturazione del settore tessile.
È difficile per i nuovi entranti capire come funziona l’intero sistema e come si compone. Ministero dell’Ambiente, Sviluppo Economico e produttori devono collaborare per garantire che tutti gli attori coinvolti comprendano il processo completo, dal produttore al riciclo finale. I produttori, che conoscono bene la loro filiera, spesso non sanno cosa succede dopo la raccolta dei comuni. Questo gap informativo deve essere colmato per migliorare l’efficienza e la sostenibilità del sistema.
La trasparenza e la comunicazione sono essenziali per costruire un sistema di gestione dei rifiuti tessili che sia sostenibile e responsabile. Informare correttamente i cittadini sulle pratiche di esportazione e collaborare strettamente con tutti gli attori coinvolti contribuirà a ridurre gli equivoci e a promuovere un modello di economia circolare più efficiente e etico.
Un ringraziamento speciale ad Andrea Fluttero, Presidente presso E.C.O. s.c.r.l. Erion Compliance Organization, che con pazienza e chiarezza mi ha aiutato a ricostruire l’intera filiera.