Una sentenza destinata a fare giurisprudenza quella emessa nei giorni scorsi dal Tribunale di Vicenza, che per la prima volta in assoluto riconosce un decesso come conseguenza dell’esposizione ai Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche al centro di uno dei più gravi casi di inquinamento ambientale in Italia.
La pronuncia riguarda Pasqualino Zenere, operaio scomparso nel 2014 a causa di un tumore alla pelvi renale dopo aver lavorato per tredici anni, dal 1979 al 1992, presso lo stabilimento Miteni di Trissino (allora denominato Rimar e di proprietà della famiglia Marzotto).
“Si tratta della prima sentenza in assoluto su questo tema, calata su un caso specifico, preciso e documentato,” spiega l’avvocato Adriano Caretta, che ha rappresentato la famiglia Zenere e l’Inca Cgil di Vicenza nella causa contro l’Inail. “La documentazione riguarda sia le mansioni di lavoro svolte, sia il nesso tra queste e la malattia che ha portato al decesso. Questa sentenza non agisce sulle responsabilità, ma sulla correlazione tra lavoro e malattia: la materia è di natura previdenziale e attiene appunto a quelli che sono i diritti previsti dalla tutela Inail.”
UNA BATTAGLIA PIONIERISTICA
La peculiarità della sentenza sta nel suo carattere pionieristico: mai prima d’ora un tribunale italiano aveva certificato in modo così inequivocabile la correlazione tra esposizione professionale ai Pfas e l’insorgenza di patologie tumorali mortali. Questo caso potrebbe aprire la strada a numerose altre richieste di risarcimento in contesti simili, dove l’esposizione a queste sostanze ha interessato lavoratori e comunità.
La sentenza, che si concentra sugli aspetti previdenziali e sul diritto al risarcimento degli eredi, arriva in un momento cruciale: proprio in questi giorni, infatti, si sta concludendo presso la corte d’Assise di Vicenza il processo penale a carico di 15 ex manager della Miteni accusati di essere responsabili della contaminazione che ha coinvolto circa 350.000 persone nelle province di Vicenza, Padova e Verona.
LE IMPLICAZIONI DELLA SENTENZA
La decisione rappresenta un precedente significativo nel panorama giuridico italiano in materia di malattie professionali legate all’esposizione a sostanze chimiche. I Pfas, sostanze perfluoroalchiliche utilizzate in numerosi processi industriali, sono stati a lungo oggetto di preoccupazione per i loro potenziali effetti sulla salute umana.
La sentenza riconosce ufficialmente quello che molti studi scientifici hanno suggerito: l’esposizione prolungata a queste sostanze può causare gravi danni alla salute, incluse patologie oncologiche come nel caso di Zenere. Particolarmente rilevante è il fatto che il tribunale abbia riconosciuto questa correlazione in un contesto lavorativo specifico, documentando un’esposizione professionale diretta, avvenuta in anni in cui i rischi legati a queste sostanze erano ancora poco conosciuti.
UN PRECEDENTE PER LA TUTELA DEI LAVORATORI
La sentenza segna un importante passo avanti nella tutela dei lavoratori esposti a sostanze chimiche, riconoscendo il diritto al risarcimento anche per esposizioni avvenute quando i rischi specifici non erano ancora pienamente regolamentati o compresi.
Il riconoscimento di questo nesso causale potrebbe avere importanti ripercussioni sul procedimento penale parallelo e su futuri casi simili. La decisione del tribunale di Vicenza arriva infatti dopo anni di battaglie legali e rappresenta un punto di svolta anche per le oltre 300 parti civili costituitesi nel procedimento penale contro i 15 ex manager della Miteni. E’ considerato il più importante processo ambientale d’Italia e uno dei più grandi processi ambientali attualmente in Europa.
DALLA SCOPERTA ALLA CONSAPEVOLEZZA
Il caso dei Pfas è emerso all’attenzione pubblica nell’estate del 2013, quando uno studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente rivelò livelli allarmanti di queste sostanze nelle acque del Veneto. Lo studio era partito dopo che, nel 2011, i ricercatori CNR-IRSA Stefano Polesello e Sara Valsecchi scoprirono presso le acque di scarico della Miteni la più alta concentrazione al mondo di Pfas, puntuale, mai trovata:4834 μg/l (4,8 milioni di ng/l) per il perfluorobutansolfonato (PFBS).
Da allora, la consapevolezza sui rischi legati a queste sostanze chimiche utilizzate per decenni in numerosi processi industriali è cresciuta esponenzialmente.
Mentre il processo penale si avvia alla conclusione, la sentenza sul caso Zenere apre un nuovo capitolo nella storia giudiziaria e sanitaria italiana, ponendo le basi per un riconoscimento più ampio delle responsabilità legate all’inquinamento industriale.
Il “caso Zenere” rappresenta non solo un atto di giustizia individuale, ma un precedente destinato a cambiare profondamente il modo in cui valutiamo i rischi legati alle sostanze chimiche industriali e le responsabilità di chi le produce e utilizza.