Parità di genere nei CDA: woman on board

La direttiva europea 2022/2381 impone quote di genere nei CDA per garantire equità e diversità. L'obiettivo è rendere la parità di genere una leva competitiva.

Dopo oltre un decennio di dibattiti, il 7 gennaio è entrata in vigore la direttiva UE sulla parità di genere nei CDA.
Emanata il 17 ottobre 2022, la Direttiva 2022/2381, nota come Direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione mira a garantire che il talento e la competenza femminile trovino il giusto spazio nelle posizioni di vertice.

“Nei dieci anni in cui questa direttiva è rimasta sullo scaffale, i CdA sono rimasti prevalentemente appannaggio degli uomini. Con questa legge, l’equilibrio di genere diventerà la norma in tutta l’UE.”
Lara Wolters (S&D, NL)

L’atto normativo rappresenta infatti una pietra miliare per la promozione della parità di genere nei CDA delle società quotate in borsa nell’UE. L’obiettivo principale è migliorare la rappresentanza femminile nelle posizioni decisionali chiave, imponendo alle grandi società quotate di raggiungere, entro il 30 giugno 2026, due target specifici:

  • almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi;
  • almeno il 33% di tutti i posti di amministratore devono essere occupati dal genere sottorappresentato.

La misura punta a garantire una governance aziendale più equa, inclusiva ed efficace“Il raggiungimento di un equilibrio di genere nei consigli di amministrazione non è solo una questione di equità, ma una necessità per migliorare la qualità delle decisioni aziendali, aumentare l’innovazione e rafforzare la competitività delle imprese europee” (Considerando 10).

Punti principali della Direttiva 2022/2381

La Direttiva 2022/2381 pone le basi per un cambiamento strutturale nell’equilibrio di genere nei CDA delle società quotate. Stabilisce principi chiave che garantiscono efficacia e applicazione omogenea in tutta l’Unione Europea.

Procedure trasparenti
Gender Equality
Foto di Alexa da Pixabay

La trasparenza è il fulcro della normativa. Le società devono implementare processi di selezione chiari e imparziali. Al centro: il merito dei candidati. 
“Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la selezione dei membri del consiglio di amministrazione sia effettuata sulla base di criteri chiari, neutrali rispetto al genere e trasparenti, con una preferenza per il candidato del genere sottorappresentato in caso di pari qualifiche” (Articolo 6).

Oltre a garantire un’equa valutazione delle competenze, le aziende devono pubblicare annualmente dati dettagliati sulla rappresentanza di genere nei loro CDA. L’obbligo include anche la spiegazione delle azioni intraprese per raggiungere gli obiettivi prefissati.
“Le società quotate devono pubblicare annualmente sui loro siti internet informazioni dettagliate sulla rappresentanza di genere nei loro consigli di amministrazione e sulle misure adottate per raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2” (Articolo 7, paragrafo 2).

Sanzioni per le aziende non conformi

Per assicurare il rispetto delle regole, gli Stati membri devono introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Multe significative e, nel caso, annullamento delle nomine effettuate in violazione. Il sistema di penalità garantisce il rispetto delle regole, ma soprattutto sprona le imprese a considerare l’equilibrio di genere come una priorità strategica.
“Gli Stati membri stabiliscono sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni delle disposizioni della presente direttiva, comprese le multe e, nei casi appropriati, la nullità o l’annullamento delle nomine effettuate in violazione delle regole” (Articolo 8).

Esclusioni per le piccole e medie imprese

Per evitare oneri eccessivi per realtà aziendali di dimensioni più contenute, la direttiva esclude dal proprio ambito di applicazione le piccole e medie imprese (PMI) con meno di 250 dipendenti. La scelta riflette un approccio pragmatico: le grandi società sono più influenti e hanno maggiore visibilità nel mercato.

Ruolo degli Stati membri

La normativa lascia spazio agli Stati membri la libertà di mantenere o introdurre misure più ambiziose rispetto a quelle minime previste. Un ottimo modo per valorizzare le buone pratiche già esistenti e promuovere un progresso più rapido laddove vi sia terreno fertile. Gli Stati membri designano organismi dedicati al monitoraggio e al supporto delle aziende nel percorso verso l’equilibrio di genere.
“Gli Stati membri designano uno o più organismi responsabili della promozione, analisi, monitoraggio e supporto dell’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate. Tali organismi sono responsabili di garantire l’efficacia delle misure adottate in conformità alla presente direttiva” (Articolo 9).

L’indice sull’uguaglianza di genere 2024

La Direttiva europea 2022/2381 rappresenta certamente uno di quei famosi grandi passi per l’umanità. In questo caso verso la parità di genere nei CDA. Il recente Gender Equality Index 2024, pubblicato dall’EIGE – European Institute for Gender Equality, evidenzia però che il percorso è ancora fragile e disomogeneo.
Stando al report, il punteggio medio dell’UE sull’uguaglianza di genere è di 71 su 100, con un miglioramento di soli 0,8 punti rispetto al 2023 e 7,9 punti dal 2010.
La distribuzione di questi progressi è inoltre estremamente variabile tra i Paesi membri.
La Svezia si conferma al vertice con 82 punti, mentre la Romania chiude la classifica con appena 57,5 punti. Paesi come Malta, Cechia e Lituania hanno registrato i maggiori progressi annuali, mentre otto Stati membri, tra cui Ungheria e Polonia, restano indietro.
Questa frammentazione riflette l’assenza di un approccio comune a livello europeo, con alcune realtà che hanno adottato misure legislative rigorose e altre che si sono affidate a iniziative volontarie, spesso insufficienti per generare un impatto significativo.

Gender Equality Index 2024 - EU
Gender Equality Index Europa 2024 – EIGE
Evidenze principali Gender Equality Index 2024

I progressi più significativi sono stati osservati nella sfera del potere, dove la rappresentanza femminile nei processi decisionali è cresciuta di 19,5 punti dal 2010. Miglioramento comunque non sufficiente a bilanciare la forte sotto-rappresentanza delle donne in politica e nei consigli aziendali. Misure vincolanti come le quote di genere restano fondamentali.

Nella sfera lavorativa, i progressi sono stati minimi. Le donne continuano a essere penalizzate, specialmente le madri lavoratrici. Squilibrio che limita le opportunità di carriera e contribuisce a un persistente divario di genere nelle opportunità professionali e nel reddito. La situazione è aggravata dalla sfera tempo, dove il carico delle attività di cura non lascia spazio adeguato a lavoro, tempo libero o crescita personale per molte donne. Inoltre, le disparità salariali e di reddito aumentano significativamente con l’età, specialmente tra le donne sopra i 50 anni.

Un capitolo importante permane nell’ambito della violenza di genere che rappresenta un freno trasversale, con impatti negativi sulla salute, sulla partecipazione politica e sulla vita lavorativa delle donne.

L’Italia, pur mantenendo un punteggio sotto la media UE (69,2 punti), ha mostrato uno dei progressi più significativi dal 2010, con un aumento di 15,9 punti. Permangono criticità nel dominio del lavoro e nella distribuzione del tempo, dove il carico di cura non retribuita grava ancora prevalentemente sulle donne.

Sono numerosi gli studi che hanno dimostrato che CDA più inclusivi ed equi, migliorano la qualità delle decisioni aziendali, incentivano l’innovazione e contribuiscono a una crescita economica sostenibile e a lungo termine.
La leva su cui vuole puntare la Direttiva 2022/2381 sulla parità di genere nei CDA non è infatti solo quella dell’equità, ma punta a trasformare la diversità in un vantaggio competitivo.

“L’equilibrio tra uomini e donne non è solo una questione di equità, ma un fattore chiave per liberare il potenziale delle donne e garantire che le imprese europee siano competitive in un mercato globale.”
Jadja Lahbib, Commissaria UE per l’Uguaglianza

PIù POPOLARI

software esg

EsgMax, l’intelligenza artificiale che semplifica l’ESG

L'Intelligenza Artificiale sempre più coinvolta nella sostenibilità aziendale: grazie a questa piattaforma, per le PMI con risorse e competenze limitate la raccolta dati ESG diventa più democratica.
Società Benefit

Società Benefit: cosa sono, vantaggi, come diventarlo

Le Società Benefit (SB) sono una forma giuridica d’impresa che integra nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, anche precise finalità di beneficio comune. Le...
Il 2025 anno boom per le CER

Il 2025 sarà l’anno boom per le CER?

Intervista all'avvocato Michele Loche per capire vantaggi, ostacoli, prospettive di questo modello innovativo e partecipativo per produrre energia rinnovabile.
neom

NEOM, il folle progetto di una megalopoli sostenibile nel deserto

Nel 2017, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman ha annunciato NEOM, un progetto utopistico e apparentemente folle di una megalopoli nel deserto...
tre ragazze alla scrivania, concetto di diversity e inclusion nel luogo di lavoro

Il significato di diversity and inclusion

Diversity and inclusion, spesso scritto D&I, letteralmente diversità e inclusione, due parole distinte ma oramai associate nelle politiche e nel lessico aziendale perché giustamente...