Una soluzione allo spreco alimentare? Il modello Recup

L’impegno di Recup per salvare il cibo e fornirlo a chi ne ha bisogno sostiene quotidianamente migliaia di persone promuovendo un modello economico inclusivo

Sono numerosi i fattori che causano lo spreco alimentare, dalla sovraproduzione dei produttori ai comportamenti dei consumatori, in buona parte migliorabili. Non è affatto un caso che uno dei punti dell’Agenda 2030 ponga l’accento su “consumo e produzione responsabile”: si tratta sia di adottare metodi di produzione ecocompatibili, sia di ridurre in modo decisivo lo spreco che viene generato.
A ben vedere la finalità di questo obiettivo 12 ha un legame molto forte con i primi tre punti dell’Agenda stessa: sconfiggere la povertà, la fame e garantire buona salute a ogni persona su questa terra. A metà 2021 la FAO aveva ribadito che nelmondo si produce molto più cibo di quello che serve, ma è mal distribuito e pertanto non arriva a tutti.

L’enormità del problema potrebbe scoraggiare il singolo a ricercare soluzioni: tuttavia, l’esperienza di Bella Dentro dimostra che è possibile attuare azioni concrete. Proprio grazie a Camilla Archi, una delle cofondatrici, abbiamo potuto approfondire un altro progetto che si muove nella stessa ottica: Recup è l’Associazione a Promozione Sociale (APS) che si costituisce a Milano con il proposito di recuperare dai mercati il cibo invenduto per poterlo offrire a quanti vivono in un bisogno reale.

Cittadinanza attiva: una soluzione allo spreco alimentare

L’idea embrionale nasce da tre ragazze che si ritrovano nel 2015 in via Papiniano, dove per due giorni alla settimana sorge uno dei più grandi mercati rionali di Milano. Come una di loro aveva osservato durante il suo periodo di Erasmus a Parigi, ci sono molti prodotti ortofrutticoli che a fine giornata restano invenduti e non possono essere riproposti il giorno seguente: “molti di questi prodotti sono in buone condizioni”, ricorda Eleonora D’Elia, una delle fondatrici, “magari non hanno quelle caratteristiche estetiche che li rendono appetibili all’acquisto oppure vanno consumati entro sera”.
L’idea è semplice ma profondamente significativa, che va oltre al volontariato tradizionale, diventando un movimento che riporta valore al cibo: i volontari di Recup raccolgono questi prodotti, li selezionano e li preparano per la distribuzione. Il coinvolgimento attivo del territorio è un altro tratto distintivo: “abbiamo visto che i commercianti rispondevano bene e si liberavano volentieri di quello che altrimenti sarebbe stato buttato”, continua Eleonora, “e poi abbiamo coinvolto anche le persone che facevano la raccolta in solitaria”.

fotografia del carretto di Recup presso un mercato rionale per combattere lo spreco alimentare
Il carretto di Recup presso un mercato rionale

Non solo queste persone al termine della raccolta si portano via il cibo che a loro serve (e che è in condizioni migliori di quello che avrebbero preso singolarmente), ma diventano protagonisti attivi di un’azione che estende i suoi benefici. L’integrazione fra volontari e i fruitori del servizio è uno dei tratti distintivi di Recup: chi partecipa si deve sentire protagonista del lavoro, in modo da vivere un’esperienza positiva e inclusiva. “Cerchiamo di rompere uno schema meramente assistenzialistico, attraverso un coinvolgimento fra tutte le persone”, afferma ancora Eleonora a tale proposito.
Visto che dal mercato di via Papiniano vengono mediamente recuperati 200 chili di prodotti, il gruppo di Recup cresce e amplia la sua presenza. Attualmente sono una ventina i mercati rionali nei quali operano le squadre, sia a Milano che a Roma, che vedono complessivamente la presenza di 300 volontari.

Nel corso degli anni il dialogo con le istituzioni e gli enti se è fatto più serrato e proficuo, anche perché una tale quantità di cibo deve essere distribuita efficacemente, per evitare il rischio che si deteriori. Si sono quindi avviate le collaborazioni con Banco Alimentare, Caritas Ambrosiana, Croce Rossa Italiana per citarne solo alcune. Nel 2020, insieme al Comune di Milano, Recup ha ampliato ulteriormente le sue attività durante l’emergenza Covid, recuperando ortofrutta dai grossisti per donarla ad altre associazioni ed enti del terzo settore.
“Nel periodo della pandemia sono aumentate le persone che si sono avvicinate a noi, alcuni sono anche molto giovani”, riprende Eleonora: “oramai con una trentina di loro si è creato un appuntamento fisso, e ne è nata una conoscenza e un dialogo profondi”.

Una giornata all’Ortomercato di Milano, insieme alle aziende

Particolarmente importante si sta poi dimostrando il rapporto che si è creato nel 2020 con il Mercato Ortofrutticolo Agroalimentare di Milano, il più grande d’Italia per la quantità di prodotti commercializzati, con oltre 1 milione di tonnellate all’anno. Insieme ad altre associazioni, Recup ha uno spazio organizzato per accogliere interi bancali che gli stessi commercianti portano dopo che hanno terminato la loro vendita.
Abbiamo voluto vivere direttamente questa esperienza, che ormai da qualche anno Recup propone alle aziende, per aiutarle a concretizzare il loro impegno sociale e ambientale. Ci siamo quindi trovati un giovedì mattina davanti ai cancelli dell’Ortomercato, insieme ad alcune impiegate di Deloitte e altri volontari, pronti per dare il nostro piccolo contributo contro lo spreco.

Indossata la pettorina gialla che ci contraddistingueva, ci siamo spostati in gruppi di due persone lungo i corridoi, dove abbiamo incontrato i vari grossisti: tutti conoscono Recup e, con le cassette dei loro prodotti invenduti, abbiamo riempito i nostri carrelli. Se le quantità sono particolarmente elevate, sono gli stessi commercianti che portano i bancali presso lo stand di Recup.

Dopo la raccolta, abbiamo passato l’ora successiva nella selezione dei prodotti: l’obiettivo è suddividere il cibo ancora buono, separandolo da quello che è già deteriorato. “Questa è una fase fondamentale”, sottolinea Alberto Piccardo, vicepresidente di Recup e responsabile delle iniziative aziendali, “che ci permette di salvare molto cibo”. Verso la fine della mattinata giungono quindi le associazioni che ritirano le cassette che abbiamo preparato: a seconda delle giornate, vengono recuperate dalle 2 alle 6 tonnellate di cibo! Infine, ognuno di noi ritorna a casa con un bel sacchetto pieno dei prodotti che ha salvato.

L’importanza di misurare l’impatto

Il numero di società che si avvalgono della proposta di Recup è in costante crescita, a testimonianza di una sempre sensibilità alle tematiche dello spreco, che spesso si traduce in un miglioramento dei comportamenti personali. “Il rapporto che abbiamo creato con le aziende si sta rivelando proficuo: ogni singolo dipendente risulta molto coinvolto e per noi significa avere un ulteriore gruppo di volontari”, aggiunge Alberto su questo aspetto; che non esita a definirlo quasi una sorta di team building.
Naturalmente tutte le attività sono tracciate, non solo per rendicontarle alle aziende che “hanno prestato” il loro personale come volontari, ma anche per monitorare l’efficacia degli interventi. Ogni settimana vengono recuperate circa 11 tonnellate di cibo che, grazie al supporto delle numerose organizzazioni partner, sono distribuite su quasi 4.000 persone.

Da anni la FAO (Food and Agriculture Organization) analizza con diversi indicatori la portata della fame nel mondo: questa è determinata dal numero di persone che non accedono a cibi con una quantità minima di calorie, per una vita attiva e in buona salute.
Dai rapporti della FAO risulta che nel 2022 le persone che hanno sofferto la fame sono state circa 735 milioni. Ma un altro dato estremamente preoccupante riguarda l’insicurezza alimentare, ovvero la possibilità di accedere a cibo sufficiente e nutriente: nel mondo 2,4 miliardi di persone sono in stato di insicurezza alimentare moderata o grave.

L’impegno dei ragazzi di Recup (sono tutti giovani) prosegue puntando a obiettivi ambiziosi: “vorremmo portare l’Ortomercato allo spreco zero”, ci confida Alberto, e per farlo è necessaria una sinergia sempre maggiore fra tutti gli attori coinvolti. Il supporto che l’associazione ha ricevuto finora, da campagne di crowdfunding piuttosto che da aziende come Bonduelle, conferma la validità del loro progetto: che si declina anche in altre modalità. Il laboratorio creativo Colori Vegetali vuole sensibilizzare sull’utilizzo degli scarti di frutta e verdura, mostrando come da questi avanzi domestici si possano ricavare dei colori naturali simili agli acquerelli.

L’azione di Recup va dunque ben oltre il semplice recupero di cibo invenduto, ma è una risposta concreta a molteplici sfide contemporanee: lo spreco alimentare, la crisi climatica, l’esclusione sociale. Il loro approccio propone un nuovo modello di economia, circolare e sostenibile, tendenzialmente applicabile anche in altri ambiti. La relazione reciproca fra donatori e beneficiari offre una nuova visione riguardo all’aiuto alimentare, creando un senso di comunità e di solidarietà che va oltre il gesto di dare e ricevere

Associazione Recup

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