Deesup, il futuro circolare del design è nel second hand

Questa azienda italiana può diventare la migliore in Europa per la vendita di pezzi di design di seconda mano. Ne parla con noi la fondatrice Valentina Cerolini

Il termine second hand (o seconda mano) è ormai entrato nel nostro vocabolario e non indica più soltanto l’usato, dall’abbigliamento all’arredamento, ma evoca uno stile di consumo ben preciso, caratterizzato dal rispetto per l’ambiente e dalla volontà di ridurre gli sprechi. Il second hand rimanda all’idea di un’economia circolare, di allungare il ciclo di vita degli oggetti attraverso la condivisione, il prestito, il riutilizzo e il riciclo di materiali e prodotti esistenti. Sta prendendo piede nella moda e anche il design di seconda mano è pronto a un vero e proprio boom, come ci racconta in questa intervista la fondatrice di Deesup.

Il second hand nella moda

Se gli anni 2000 sono stati quelli del boom del fast fashion, del pronto moda, del consumismo sfrenato a discapito della qualità, l’era post-pandemica potrebbe essere quella della ri-vendita, del vintage, dell’usato di qualità al quale si dà una seconda opportunità. I numeri parlano chiaro: secondo uno studio di Boston Consulting Group realizzato per conto di Vestiaire Collective, piattaforma francese di vendita on line di vestiti di seconda mano di lusso, il valore attuale del mercato mondiale del second hand si aggira intorno ai 30 e i 40 miliardi di dollari, pari al due per cento dell’intero mercato moda e lusso. La previsione di crescita è tra il 10 e il 15 per cento annui entro il 2024. In poco tempo potrebbe sorpassare i volumi del fast fashion, raggiungendo un valore di mercato pari a 80 miliardi di dollari. Una crescita vertiginosa, rispetto ai 10 miliardi del 2009, alla quale hanno contribuito soprattutto alcune fasce della popolazione, soprattutto i giovanissimi. La Generazione Z (i nati negli anni ‘90) sono i più attenti ai temi di sostenibilità ambientale e si stanno orientando sempre più verso consumi di qualità che possano durare nel tempo. Lo conferma la crescita di account sui social network che parlano di second hand, di app dedicate alla compravendita di oggetti, di nuove linee di business che nascono all’interno di brand consolidati dedicate proprio alla ri-vendita di oggetti.

Di recente Zalando ha lanciato la categoria second hand, il sito di e-commerce Etsy ha comprato l’app britannica di compravendita di vestiti usati Depop per 1,3 miliardi di euro, proprio con l’obiettivo di raggiungere utenti più giovani di quelli attuali, la cui media è di 39 anni. Persino i brand del lusso, che hanno sempre storto il naso di fronte al mercato dell’usato, hanno deciso di aprirsi a questa possibilità: Gucci, come già fatto da Burberry, Stella McCartney e Jonathan Cohen, ha stretto un accordo con The RealReal, il colosso di e-tailer americano specializzato nella vendita di beni di lusso second hand, per aprire sulla sua piattaforma una sezione dedicata alla ri-vendita di capi della stessa griffe.

Design di seconda mano

Questa tendenza nella moda sta contagiando altri settori, per esempio il design. Ce lo ha raccontato Valentina Cerolini, cofondatrice di Deesup, startup fondata nel 2017 a Milano che promuove il design second hand rendendolo più accessibile grazie a una piattaforma digitale.

Durante l’ultimo anno di pandemia il second hand ha raggiunto cifre importanti anche in Italia, cosa ha spinto il consumatore a cambiare mentalità?


“Il 2020 ha segnato un anno di forte impulso al second hand, secondo i dati Doxa sono stati 23 milioni gli Italiani che hanno comprato e venduto oggetti usati, il 14 per cento lo ha fatto per la prima volta proprio nel 2020. La necessità, seguita dalla scoperta di metodi semplici e sicuri, hanno portato a un cambiamento importante nelle abitudini di acquisto e di vendita. La maggiore familiarità con il web, ma anche l’opportunità di esplorare canali e modelli alternativi, ha fatto cogliere nuove opportunità. Non solo, l’esperienza vissuta della pandemia ha portato una grande sensibilizzazione verso il tema della sostenibilità, guidando verso scelte di consumo più responsabili e creando consapevolezza sulla necessità di fare tutti la propria parte. Ce lo dimostrano anche i feedback degli utenti di Deesup”.

Nell’arredamento è più facile o più difficile proporre un prodotto che ha una seconda vita?

“La scelta di un prodotto di arredo passa attraverso varie fasi ma quando si trova la cosa giusta non si hanno dubbi. Un pezzo usato ha qualcosa in più che rende lo stesso oggetto più appetibile: spesso sono articoli fuori produzione quindi più esclusivi. Inoltre, con il second hand sono maggiormente accessibili, proposti ad un prezzo ridotto rispetto al nuovo. Nel contesto internazionale, poi, il prodotto usato rappresenta spesso l’unica opportunità per acquistare quell’icona di design sempre sognata, questo per il tema della scarsità anche del nuovo. Tutto questo rende l’arredo second hand un’opportunità per il settore del design”.

Foto dei fondatori di Deesup, piattaforma che vende pezzi di design di seconda mano
Valentina Cerolini e Daniele Ena, cofondatori della società Deesup

Vendete in Italia o all’estero?

“Siamo nati in Italia, ma da subito abbiamo scoperto la nostra anima internazionale offrendo prodotti ricercati con un modello ben accolto dal nostro pubblico internazionale. Abbiamo scelto di focalizzarci sull’Europa anche se quotidianamente riceviamo interesse e richieste da paesi oltreoceano come Stati Uniti, Sud Corea ed Australia. Tra i nostri Paesi principali ci sono Francia, Germania e Benelux ma stiamo osservando con attenzione tutta l’area nordica e iberica. Alcuni di questi sono anche Paesi di origine dei prodotti, non soltanto di destinazione: la piattaforma, infatti, è stata abilitata per permettere il caricamento di prodotti provenienti dall’estero, con l’obiettivo di espandere la nostra supply chain e servire il nostro pubblico estero”.

Qual è la differenza tra usato e vintage?

“La linea di confine è molto soggettiva questo perchè usato può essere tutto ciò che ha avuto un precedente utilizzo, anche limitato, nel tempo. Usato è una lampada utilizzata per qualche mese in casa oppure esposta per una stagione all’interno di uno showroom. Il vintage invece è un filone, una corrente, potremmo dire un’epoca. Chiamarlo stile sarebbe dal mio punto di vista riduttivo, il vintage è tutto ciò che nel passato ha lasciato un segno di riconoscibilità, utilità ma soprattutto di esperienza. Sto pensando per esempio alla famosa macchina da scrivere Olivetti piuttosto che alla nota Dining Chair di Charles and Ray Eames”.

L’Italia ha sempre avuto un posto di rilievo nel design e nell’arredamento, ora con la pandemia, il blocco delle produzioni, il settore ha subito un rallentamento?


“Nei mesi di lockdown le chiusure dei negozi e i blocchi delle produzioni hanno causato una frizione significativa nel mondo arredo in Italia per la produzione del nuovo, ad aprile 2020 si stimavano perdite fra il 35 e il 45 per cento rispetto all’anno precedente. Tuttavia per la filiera italiana del legno-arredo il 2020 si è chiuso con una contrazione più contenuta, con una perdita del 10 per cento (dati Federlegno 2021). La pandemia ha rimesso la casa al centro della vita familiare e questo ha creato buone opportunità future per il settore, sia per il nuovo sia per l’usato”.

La sostenibilità può rappresentare la strada della ripresa? Cosa manca affinché il valore etico, oltre che estetico, si affermi?


“Sicuramente, noi vediamo la sostenibilità come un’opportunità per il mondo dell’arredamento che finalmente può diventare più democratico. Nulla da dire sul valore estetico del design, ci troviamo nella patria del Made in Italy, dove la manifattura e la creatività fanno da padroni. Dal punta di vista etico, invece, c’è bisogno di un cambio di rotta nella mentalità del sistema in certi casi ancora molto tradizionale. Quello che con Deesup abbiamo ormai constatato è che lì fuori c’è un pubblico che richiede l’applicazione di nuovi modelli anche più responsabili e innovativi, si va sempre più verso uno schema di produzione-uso-riuso con l’obiettivo di minimizzare gli sprechi”.

La sfida maggiore per questa giovane azienda è di rendere strutturali i cambiamenti vissuti nel corso dell’ultimo anno, durante il quale Deesup è riuscita a triplicare il volume di vendite, arrivando a 100 mila euro su base mensile, e a costruire una community di appassionati di design che conta ad oggi oltre 14 mila utenti in tutta Europa, a stringere accordi strategici con rivenditori e produttori.

Per approfittare di questo momento di crescita aziendale Deesup sta cercando nuovi investitori: fino al 30 giugno, sarà attiva la campagna di raccolta fondi (fundraising) sulla piattaforma Doorway, che a sua volta è una società benefit e si prefigge di far convogliare capitali verso la nascita e lo sviluppo di imprese innovative, in grado di generare un cambiamento positivo nella società e nell’ambiente. “Stiamo crescendo molto – ha concluso Valentina Cerolini – e per questo abbiamo iniziato una campagna di raccolta fondi che ci permettano di accompagnare la nostra crescita. In particolare il nostro obiettivo è diventare l’azienda di riferimento per il design di lusso second hand in Europa, intendiamo migliorare la nostra piattaforma, ampliare il team e sicuramente far crescere la nostra base utenti”.

PIù POPOLARI

fare bene l'amore

I bisogni degli adulti: come fare ‘bene’ l’amore

Gli adulti hanno bisogno di crescere nella sfera sessuale. L’educazione non riguarda unicamente l’insegnamento di una nozione, ma significa sviluppare facoltà e attitudini della...
Società Benefit

Società Benefit: cosa sono, vantaggi, come diventarlo

Le Società Benefit (SB) sono una forma giuridica d’impresa che integra nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, anche precise finalità di beneficio comune. Le...
neom

NEOM, il folle progetto di una megalopoli sostenibile nel deserto

Nel 2017, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman ha annunciato NEOM, un progetto utopistico e apparentemente folle di una megalopoli nel deserto...
tre ragazze alla scrivania, concetto di diversity e inclusion nel luogo di lavoro

Il significato di diversity and inclusion

Diversity and inclusion, spesso scritto D&I, letteralmente diversità e inclusione, due parole distinte ma oramai associate nelle politiche e nel lessico aziendale perché giustamente...

Outdoor Education, cosa significa e perché oggi è così importante

“Dimmelo e lo dimenticherò, insegnamelo e forse lo ricorderò. Coinvolgimi e lo imparerò “ Benjamin Franklin La chiusura di scuole, biblioteche, giardini e di ogni...