La sostenibilità non può fare a meno del digitale. E viceversa

Da Amazon a Google, da Facebook ad Aruba, tutte le grandi aziende tecnologiche diventano sempre più green. Perchè digitale e sostenibilità viaggiano in coppia

Negli ultimi anni si sta assistendo a un progressivo cambio di atteggiamento verso i temi della sostenibilità da parte di un crescente numero di aziende: oltre ai casi di grandi multinazionali come Levi Strauss & Co, che ha fornito tassi di interesse inferiori ai fornitori che perseguono pratiche di sostenibilità, non è raro trovare esempi virtuosi di realtà ben più piccole, fino a rilevare come molti investitori includano il tema della sostenibilità nelle valutazioni complessive di un’organizzazione (ESG). In tutto questo la trasformazione digitale gioca un ruolo chiave, imprescindibile: è un dato di fatto che “non si può tornare indietro” ma, come già ampiamente sottolineato, la digitalizzazione di ognuno di noi ha un costo ambientale; più o meno alto.

Misurare l’impatto del digitale

Emerge dunque un tema di misurabilità, che può e deve essere applicato tanto nei contesti aziendali, quanto nei comportamenti che ciascuno ha nella vita di ogni giorno. Uno degli aspetti tecnologici che ha caratterizzato moltissime organizzazioni in questi ultimi due decenni è l’adozione del Cloud Computing: anche se il concetto era già stato espresso negli anni ’60 (con altra terminologia), l’esplosione vera e propria è avvenuta negli anni 2000, in contemporanea alla crescita e diffusione esponenziale di Internet e della potenza di calcolo dei computer. Mission Cloud Services è uno dei numerosi partner di Amazon Web Services (AWS) che a fine 2020 ha condotto una ricerca interessante: uno dei dati che emergeva riguardava le imprese che avevano spostato vari servizi tecnologici nel cloud, riducendo l’utilizzo dei server del 77%, e abbattendo il consumo d’energia dell’84%, con una riduzione delle emissioni di carbonio dell’88%.

Come si può intuire il problema è stato ridotto, di certo non risolto, ma spostato verso gli oltre 7 milioni di Data Center distribuiti in tutto il mondo: l’Europa si è schierata con decisione sul terreno della sostenibilità, tant’è vero che la Commissione europea ha promulgato il Climate neutral data centre pact, un importante strumento di autoregolamentazione in cui colossi come AWS, Google, Aruba e diversi altri operatori si sono impegnati ad attuare politiche di sviluppo indirizzate verso una reale transizione ecologica. Altre big company come Facebook, Apple, Microsoft hanno intrapreso azioni concrete con l’obiettivo di equiparare le emissioni prodotte con quelle smaltite, prima della scadenza del 2030.

S&P Global Market Intelligence, che nel 1999 lanciò il Dow Jones Sustainability Index (il primo standard di riferimento per la Corporate Responsability) ha dettagliato in un rapporto dell’anno scorso le importanti implicazioni che avranno i fattori ambientali, sociali e di governance per l’Information Technology, specie per le grandi organizzazioni e quelle pubbliche. Sono fattori da cui l’IT non potrà prescindere per definire un futuro fortemente digitale, orientato verso una società più sostenibile ed equa. La ricerca ha anche evidenziato forti relazioni fra tecnologia e considerazioni ambientali: nel caso dei Data Center, l’efficienza è legata a investimenti sostenibili, non solo in ambito energetico, tant’è vero che oltre il 40% degli operatori si è impegnato a migliorare l’impatto ambientale dei propri impianti.

IoT, un aiuto prezioso per la sostenibilità

L’Internet of Things, detta anche solo IoT, negli ultimi anni si sta diffondendo in modo pervasivo e, in contesti sempre più numerosi, si sta dimostrando un prezioso alleato per la sostenibilità. Il concetto di “Internet delle cose” si applica a un’ampia molteplicità di dispositivi, in genere poco costosi e con un impatto ambientale molto basso, i quali “dialogano e comunicano” fra di loro oppure verso sistemi software, portando a ottimizzazioni piuttosto significative: di solito si riduce l’intervento umano e molto spesso si eliminano i possibili errori che una persona può commettere. Gli ambiti di applicabilità sono vari e continuano a crescere: si pensi ad esempio ai sensori che monitorano l’inquinamento delle città, delle acque o delle infrastrutture. Il loro consumo energetico è minimo, si attivano quando rilevano un’anomalia e la segnalano tempestivamente: una qualsiasi attività di controllo svolta da una persona sarebbe meno efficiente e, nella maggior parte dei casi, implicherebbe l’uso di un mezzo di trasporto per lo spostamento.

L’applicazione crescente dell’IoT viene rilevata in ambito sanitario, soprattutto nell’area della prevenzione e della diagnostica, nell’agricoltura e nella zootecnia, nell’impiantistica industriale, nella domotica e nella mobilità. Questi ultimi sono contesti che possono influire in modo molto positivo sull’impatto energetico: la gestione da remoto del riscaldamento è un tipico esempio in cui la tecnologia è a servizio della sostenibilità. Da qui emerge forte il concetto di Smart City, che si riferisce a una serie di infrastrutture e tecnologie digitali orientate a migliorare i servizi verso i cittadini, rendendoli più efficienti e funzionali. Sono sovente citate come esempio Copenhagen, Amsterdam o Vienna, capitali assai virtuose nell’efficienza energetica, nell’uso delle rinnovabili, nelle norme di bioedilizia, nella mobilità; ad esse aggiungiamo Helsinki, che si distingue per la gestione amministrativa, che consente ai cittadini di accedere facilmente a qualsiasi tipo di informazione.

Smart city italiane

Anche se partita in ritardo, l’Italia ha da qualche anno intrapreso alcune iniziative che vedono buoni risultati in alcune città, come Bologna, Firenze e Milano. Tutte e tre hanno investito sulla mobilità elettrica, car e bike sharing, ma poi ognuna si è distinta per alcune peculiarità; il capoluogo emiliano ha investito nell’ambito sanitario (e-health) e urbano, con un importante rinnovamento dell’illuminazione pubblica, un’accresciuta efficienza energetica e la gestione del ciclo dei rifiuti ottimizzata. La strategia di Firenze è incentrata sullo sviluppo urbano, di cui è un buon esempio il progetto Smart City Control Room, sistema di elaborazione che utilizza dati georeferenziati provenienti da tutta la città: con i dati in tempo reale è possibile rispondere velocemente alle emergenze mentre ai cittadini sono fornite informazioni sul traffico; da sottolineare anche un progetto orientato a migliorare l’efficienza energetica nelle periferie della città. Fra le diverse best practices di Milano, forse il fiore all’occhiello è rappresentato dal Bosco Verticale, un’eccellenza nell’ambito delle architetture sostenibili: si tratta una torre dotata di intelligenza artificiale, costruita con materiali innovativi ad alta efficienza energetica, protetta da un doppio rivestimento contro la calura estiva e il freddo invernale; è parte di un progetto pilota finanziato dall’UE con l’obiettivo di ridurre il fabbisogno energetico e integrare le energie rinnovabili.

Cultura digitale e sostenibilità non possono dunque prescindere l’una dall’altra e numerosi studi rilevano la decisa propensione dei consumatori ad acquistare prodotti di marchi che supportano cause sociali e ambientali: un’attenzione che è molto forte nelle nuove generazioni. Di conseguenza, ogni organizzazione è chiamata a un cambiamento nella cultura e nella mentalità aziendale: la sostenibilità non è più “qualcosa di bello da fare”, bensì un dovere che deve far parte degli sforzi di trasformazione digitale, così da diventare un fattore di successo.

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