Il mercato del carbonio è uno strumento mirato a ridurre le emissioni globali di gas serra tramite un sistema di scambio di crediti di carbonio. Governi e aziende acquistano e vendono questi crediti per compensare l’impatto ambientale delle proprie attività.
Esistono due principali tipologie di mercato del carbonio: regolamentato e volontario.
Nel mercato regolamentato, come il sistema Ue ETS – Emission Trading System, le aziende di settori ad alta emissione sono obbligate a compensare le proprie emissioni attraverso l’acquisto di crediti, pena sanzioni. Il regolatore stabilisce un tetto massimo di emissioni. Ogni azienda deve possedere un “permesso” per ogni tonnellata di CO₂ emessa, incentivata a ridurre le proprie emissioni.
Nel mercato volontario del carbonio (VCM), invece, aziende e privati scelgono di compensare le emissioni senza obblighi di legge, acquistando crediti per raggiungere la carbon neutrality. Negli anni, il VCM ha registrato una forte crescita, alimentata dal crescente interesse verso i temi della sostenibilità e dalla pressione sociale a limitare l’impatto ambientale.
Ogni credito di carbonio rappresenta una tonnellata di CO₂ ridotta o rimossa dall’atmosfera. Sono progetti di tutela ambientale, come riforestazione o miglioramento delle pratiche agricole, che puntano a bilanciare le emissioni generate.
L’efficacia e la trasparenza di queste compensazioni, soprattutto nel mercato volontario, sono spesso messe in discussione a causa delle pratiche di greenwashing, che rischiano di minare la fiducia in questo sistema e nel suo impatto reale.
Il mercato volontario del carbonio: rischi e opportunità
Il VCM attraversa una fase di contrazione significativa da paio di anni, schiacciato da sfide operative e di credibilità. Il Rapporto Ecosystem Marketplace, evidenzia che nel 2023 il VCM ha subito un calo del 56% nei volumi e una riduzione del valore di mercato del 61%. Una perdita complessiva di oltre $1,1 mld rispetto all’anno precedente. Trasparenza ed efficacia delle compensazioni offerte sono sotto la lente.
Le cause principali sono da attribuirsi a una serie di scandali mediatici e all’assenza di standard rigorosi che garantiscano il valore effettivo dei crediti di carbonio.
In particolare, è stato messo più volte in discussione l’affidabilità del metodo di calcolo delle emissioni evitate – soprattutto nei progetti di riforestazione e nei progetti REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation).
Diverse inchieste giornalistiche hanno infatti dimostrato l’esistenza di molti crediti fantasma. Crediti che non rappresentavano riduzioni effettive di CO₂.
La mancanza di un quadro normativo chiaro e l’assenza di certificazioni uniformi hanno consentito l’ingresso di crediti di dubbia qualità. Perdita di fiducia e il rischio greenwashing ha portato molte aziende a rivedere le proprie strategie di compensazione.
Le critiche al VCM e i rischi di greenwashing
Il recente scandalo del caso Verra, svelato da un’inchiesta di The Guardian nel 2023, ha evidenziato che fino al 94% dei crediti di carbonio emessi attraverso i progetti REDD+ erano “fantasma”.
Altro caso controverso è stato quello delle monocolture di pino in Argentina e i progetti REDD+ in Brasile. Spesso portati avanti senza considerare l’impatto su comunità locali e ambiente. In Argentina, piantagioni intensive di pino di specie non nativa, hanno degradato il suolo e ridotto la biodiversità. E hanno limitato l’accesso delle comunità locali a risorse cruciali come acqua e terreno fertile. In Brasile, i progetti REDD+ hanno spesso limitato l’accesso delle popolazioni indigene a risorse vitali. Contratti poco chiari hanno messo a rischio i loro stili di vita tradizionali.
Casi in cui il VCM è stato più uno strumento di marketing che una protezione ambientale effettiva. Sistema che rende il VCM vulnerabile al greenwashing, e permette alle aziende di dichiararsi “carbon neutral” senza attuare reali riduzioni delle emissioni.
Perché il VCM possa essere un vero alleato nella lotta al cambiamento climatico, è essenziale implementare criteri di qualità rigorosi e meccanismi di verifica trasparenti.
Standard e norme per la credibilità del mercato del carbonio
Il VCM si appoggia a vari standard di certificazione, come il Verified Carbon Standard (VCS) e il Gold Standard. Questi standard definiscono criteri rigorosi basati su principi di addizionalità, permanenza, prevenzione del doppio conteggio e trasparenza. L’idea è garantire che i progetti di compensazione delle emissioni producano un impatto reale e misurabile.
L’assenza di regolamentazioni globali uniformi e la mancanza di controlli centralizzati ne limitano però la portata effettiva. L’Unione Europea sta intervenendo per migliorare il sistema, mentre le autorità europee di vigilanza hanno formulato raccomandazioni per combattere il greenwashing, proponendo standard uniformi e linee guida comuni per verificare e certificare i crediti di carbonio.
A livello internazionale, il Paris Agreement Crediting Mechanism (PACM) introduce una governance globale con la creazione di un organo di vigilanza delle Nazioni Unite per standardizzare e centralizzare la certificazione e verifica dei crediti di carbonio. Il meccanismo stabilisce regole chiare per l’addizionalità e la permanenza dei progetti e a instaura un registro internazionale dei crediti per evitare il doppio conteggio, garantendo che ogni credito rappresenti una reale riduzione delle emissioni.
Una strategia integrata per le aziende
Il VCM può svolgere un ruolo cruciale nella strategia globale per la riduzione delle emissioni, ma è fondamentale che le aziende lo utilizzino in modo responsabile e autentico.
Per farlo, devono prima concentrarsi sulla riduzione delle emissioni interne adottando tecnologie pulite ed efficienti. Solo dopo aver minimizzato le emissioni dirette, i crediti di carbonio possono essere considerati per compensare quelle residue, integrando così una strategia aziendale realmente sostenibile.
Perché il VCM diventi uno strumento autentico ed efficace nella lotta al cambiamento climatico, è fondamentale puntare anche sulle tecnologie di monitoraggio. L’adozione di strumenti digitali avanzati per la tracciabilità dei crediti di carbonio può ridurre significativamente i rischi di frodi e di doppio conteggio, consolidando la fiducia nel sistema. Un monitoraggio continuo e rigoroso garantisce che ogni credito di carbonio rappresenti una vera riduzione delle emissioni.
Solo un impegno congiunto per la trasparenza, controllo rigoroso e azione concreta delle aziende, il mercato volontario del carbonio può contribuire in maniera efficace e credibile alla transizione ecologica globale.
La tecnologia CCS
La tecnologia CCS – Carbon Capture and Storage rappresenta una delle opzioni più discusse per ridurre le emissioni di CO₂ in settori industriali difficili da decarbonizzare, come l’industria pesante o quella energetica. Il CCS cattura le emissioni di anidride carbonica direttamente dalle fonti industriali o dagli impianti di combustione e le immagazzina nel sottosuolo, impedendo il loro rilascio nell’atmosfera.
Nonostante il potenziale del CCS, la sua implementazione presenta limiti significativi, sia economici che tecnici.
Attualmente, la tecnologia riesce a catturare solo lo 0,12% delle emissioni globali, una percentuale minima rispetto al totale. Inoltre i costi di implementazione restano estremamente elevati, scoraggiandone l’adozione. Anche a regime, il CCS è molto energivoro, neutralizzando parzialmente i propri benefici.
Infine, trasporto e stoccaggio sicuro della CO₂ rappresentano importanti sfide logistiche e di sicurezza.
Il CCS è considerato necessario nel breve termine per raggiungere gli obiettivi climatici. Sono molti gli esperti che però dubitano della sua sostenibilità a lungo termine.
Alcuni critici sottolineano il rischio che venga utilizzato come giustificazione per il continuo uso dei combustibili fossili. Rallentando decarbonizzazione, adozione di fonti rinnovabili, e dunque transizione energetica. Per essere realmente efficace, il CCS deve dunque far parte di una più ampia strategia di decarbonizzazione.
Certificazioni PAS 2060 e ISO 14068
Le certificazioni PAS 2060 e ISO 14068 svolgono un ruolo essenziale nel garantire trasparenza e ridurre il rischio di greenwashing nelle dichiarazioni aziendali di sostenibilità.
- La PAS 2060 è uno standard sviluppato per certificare la carbon neutrality delle organizzazioni. Richiede alle aziende una rendicontazione dettagliata e trasparente delle proprie emissioni e di validare le compensazioni attraverso crediti di carbonio certificati. L’adozione della PAS 2060 permette alle imprese di dimostrare con chiarezza il proprio impegno nella lotta alle emissioni. Migliora la credibilità delle dichiarazioni di carbon neutrality e riduce il rischio di pratiche di greenwashing. Contribuisce a potenziare la performance di sostenibilità aziendale, trasmettendo maggiore affidabilità agli stakeholder.
- La ISO 14068, offre alle organizzazioni una guida completa su come calcolare, gestire e ridurre l’impronta di carbonio. Supporta le aziende nella misurazione accurata delle proprie emissioni e nell’individuazione delle aree più critiche su cui intervenire. L’adozione della ISO 14068 rafforza la credibilità delle dichiarazioni ambientali e contribuisce anche a migliorare le performance ambientali complessive.