PNIEC, Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima è il documento predisposto dai ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e Trasporti (a partire dal 2019), in cui vengono stabiliti gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché gli obiettivi in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell’energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile, delineando per ciascuno di essi le misure che saranno attuate per assicurarne il raggiungimento.
Il Piano è stato presentato nel 2019, ma è ora oggetto di una revisione che deve essere presentata all’Unione europea entro il 30 giugno, per essere poi nei prossimi 12 mesi discusso, emendato e approvato nella sua forma definitiva.
“Sentite parlare di PNIEC?” la domanda, pesante quanto un macigno, la pone Enrico Giovannini, economista italiano e ministro, portavoce e promotore da sempre di ASVIS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Un politico attivista, molto conosciuto anche nel contesti internazionali, che non nasconde mai le sue preoccupazioni per il clima, rispetto al quale non abbiamo ancora fatto abbastanza.
Nel corso di una conferenza stampa online, Giovannini ha presentato il Policy Brief dell’ASVIS, dieci proposte al Governo per la revisione del PNIEC, una delle quali è l’adozione di una legge italiana sul clima.
“L’Italia, come altri Paesi, ha una responsabilità straordinaria per mettere ordine in casa propria – dice Giovannini – e quindi contribuire attraverso il PNIEC a stabilire la strategia che vuole seguire nei prossimi anni per centrare gli obiettivi di riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e poi arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050, come scelto, anche dall’Italia, a livello europeo con la legge per il clima e gli altri pacchetti concordati”.
La situazione italiana legata alla crisi climatica è molto critica, per posizione e conformazione geografica, il nostro Paese subirà maggiori danni rispetto ad altri dell’area continentale europea.
Se a livello mondiale la media di innalzamento della temperatura (rispetto alivelli preindustriali) è di 1.1°C, in Italia ammonta già a 2.4°C. Se le proiezioni auspicano l’incremento dei prossimi anni a 1,5°C, l’Italia è già destinata a una sfida ben più impegnativa.
L’Italia è a tutti gli effetti un “hot-spot climatico”, ovvero un’area più esposta di altre ai rischi del surriscaldamento globale.
“Mancano 10 giorni alla scadenza per l’invio del nuovo PNIEC a Bruxelles però il nostro Paese pensa a tutt’altro” dice ancora Giovannini. “Cose sicuramente importanti, ma niente avrà così impatto e con conseguenze così durature come ciò che dovremo stabilire con il PNIEC. Questo documento dovrebbe occuparsi prima di tutto di mitigazione climatica, cioè riduzione delle emissioni, non solo nel settore energetico, ma anche in altri settori come la mobilità, o il settore edilizio”.
Molta importanza avrà oltre al PNIEC anche il PNIAC, il piano di adattamento al cambiamento climatico.
“Il PNIEC – spiega Giovannini – deve affrontare la transizione energetica e quella climatica tenendo conto di vari fattori, e non è facile”. Uno di questi fattori riguarda la sicurezza energetica dl nostro Paese, continua l’economista, sottolineando come la crisi causata dalla guerra in Ucraina ci abbia messo di fronte alla necessità di essere più indipendenti dal punto di vista energetico, e che questo si può fare con investimenti straordinari nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica.