Diritto a Resistere, un viaggio alla scoperta della resistenza ambientale

Un viaggio ispirato da una scrittrice di inizio Novecento, due amiche attiviste e l’idea di dar voce alle donne per raccontare le azioni concrete di resistenza delle comunità colpite dalla crisi climatica

Diritto a REsistere è un progetto di ricerca, di raccolta e di racconto che mette al centro le donne impegnate nella lotta contro la crisi climatica. Ne parliamo con Alice Franchi, una metà del nucleo fondativo di questo progetto, da poco rientrata in Italia da un viaggio lungo tre mesi in America Centrale, a sua volta preceduto da circa sei mesi di ricerca e approfondimento.

L’ispirazione

L’idea di Diritto a REsistere nasce nel marzo 2023, quando Alice Franchi – all’epoca studentessa di Sviluppo Sostenibile, Cooperazione e Gestione dei conflitti all’Università di Firenze – e Sara Segantin, scrittrice e reporter per Geo, entrambe attiviste di Fridays For Future impegnate soprattutto in progetti di educazione ambientale nelle scuole, decidono di voler cambiare le modalità con cui si esprime il loro attivismo; l’idea è di dare voce alle MAPA (acronimo di “Most Affected People and Areas”, cioè le popolazioni e zone geografiche più colpite dagli effetti della crisi climatica). Per una coincidenza, in quel periodo si imbattono nella lettura dei reportage di Harriet Chalmers Adams (1875-1937), una giornalista ed esploratrice oggi quasi dimenticata, che a inizio XX secolo compì un viaggio epico lungo tre anni attraverso l’America Centrale, che visse e raccontò con un piglio antropologico, scrivendone anche per diversi giornali, a partire dal National Geographic.

Sara Segantin e Alice Franchi – affiancate nella parte organizzativa da Magdalene “Odi” Pellegrin – si entusiasmano alla lettura e si chiedono come sarebbe visitare oggi quegli stessi luoghi, a oltre un secolo di distanza, e decidono di impostare un viaggio lungo quella stessa rotta nel quale raccogliere le storie e dare voce a chi gli effetti della crisi climatica li vive in prima persona e li fronteggia, in un’area complessa come quella centroamericana. “Abbiamo percorso lo stesso viaggio di Harriet Chalmers Adams, dal Messico a Panama – spiega Franchi – spinte dal desiderio di fare qualcosa che avesse un impatto nel futuro; abbiamo cercato progetti, realtà, comunità che nel presente potessero farci riflettere o che stavano concretamente costruendo il loro futuro. Per noi era importante metterci in ascolto di queste realtà, anche per capire quale impatto le nostre azioni e decisioni hanno abbiamo sull’altra parte del mondo, e comprendere quindi gli intricati cambiamenti in atto: non solo climatici, ma anche geopolitici e legati alla parità di genere. Le connessioni tra tutti questi danno vita al tema chiave: la giustizia climatica”.

Un mosaico di realtà complesse, al di là degli stereotipi

Proprio questo, infatti, è il filo conduttore che emerge da tutte le storie raccolte attraverso Diritto a REsistere e che mette al centro le comunità indigene e soprattutto – anche se non solo – le donne. La ricerca è stata lunga, per individuare i contesti più interessanti da raccontare – “Abbiamo voluto puntare sulle realtà locali, anche piccole ma con un impatto concreto sul territorio, e possibilmente non sostenute da grandi organizzazioni” – e per intessere con le comunità locali un rapporto reciproco; spiega a questo proposito Franchi: “Non volevamo che il nostro progetto fosse calato dall’alto, quindi abbiamo innanzitutto cercato di creare una relazione, anche perché volevamo coinvolgere le persone: abbiamo costruito il progetto assieme a loro, chiedendo cosa volevano comunicare, cosa potevamo fare insieme”. L’obiettivo è scrivere il progetto nel modo più completo e approfondito possibile, sia per presentarlo alle comunità con cui collaborare, sia per trovare i partner che poi nel concreto lo hanno sostenuto, tra cui Banca Etica ed Etica SGR, e per instaurare le collaborazioni che nel corso del viaggio hanno portato alla pubblicazione di articoli per testate come Natural Style e Il Dolomiti, e ai servizi realizzati con Geo, Lifegate e Rai Radio 3 Scienza.

La prospettiva femminile permette di assumere uno sguardo che spesso non è quello della narrativa dominante, dalla quale troppo spesso è escluso, e sono molti i contesti in cui le donne sono portatrici in prima persona del cambiamento, perché la condizione vissuta – che talvolta è di subalternità o discriminazione – le rende più sensibili a problemi apparentemente più marginali e perché sono loro, molto spesso, a essere più direttamente coinvolte nel contesto territoriale locale e nella comunità. Parità di genere e giustizia climatica, infatti, non possono che andare a braccetto. Allo stesso tempo, la chiave narrativa scelta con Diritto a REsistere ha fatto emergere un mosaico di realtà complesse e tra loro anche molto diverse: “In alcune zone del Guatemala le donne quasi non escono di casa e abbiamo percepito un clima di paura e ostilità, anche all’interno dei rapporti di genere; in altri contesti, invece, siamo entrate in contatto con delle culture matriarcali in cui le donne ricoprono ruolo fondante e di coordinamento nella comunità. Le donne che abbiamo incontrato ci hanno raccontato storie diverse, perché le loro vite e i loro contesti sono diversi”.

Rosa Aguilar e le tartarughe di Barra de Santiago

Una delle iniziative raccontate da Diritto a REsistere, ad esempio, ha avuto un grande impatto sulla realtà locale e sulla vita stessa delle donne. A Barra de Santiago, una striscia di terra sottilissima in El Salvador, tra una laguna popolata da una foresta di mangrovie, da un lato, e l’oceano dall’altro, 25 anni fa vigeva una violenza strutturale e sistemica, con bandillas criminali che tenevano in scacco la popolazione. “In questo contesto – racconta Alice Franchi – Rosa Aguilar abitava proprio tra la laguna e l’oceano, con un marito severo e controllante che non le permetteva di uscire; a quel tempo la zona era piena di rifiuti e la foresta di mangrovie stava morendo a causa delle monocolture di canna da zucchero; non c’erano più pesci né uccelli, e quando, un giorno, Rosa vide un coccodrillo deporre uova nel suo giardino, lo interpretò come un messaggio di speranza e una chiamata ad agire. Decise di creare un’associazione di donne per la natura, raccogliendo 80 donne della zona, alcune delle quali non erano nemmeno mai uscite di casa, per ripulire assieme l’area e informarsi sull’ecosistema delle tartarughe e su come ristabilirlo”. Nel loro viaggio, Sara Segantin e Alice Franchi sono andate con Rosa Aguilar nella laguna, di nuovo brulicante di uccelli e di pesci: la donna, con gli occhi lucidi, ripeteva: “Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta”. Proprio l’attenzione prestata alle tartarughe – un tempo vittime indirette del degrado ambientale, perché, non essendoci più i pesci, le loro uova erano cacciate e vendute al mercato nero come cibo – ha portato una nuova ricchezza, che ha anche fatto sì che l’associazione venisse accettata e accolta da tutti. Oggi, dopo 25 anni, a Barra de Santiago tutta la comunità è coinvolta – da chi custodisce le uova a chi pianta le mangrovie – e un milione di tartarughe sono riuscite a raggiungere il mare grazie all’associazione.

È difficile non trarre un messaggio di speranza, fosse anche simbolico, dalla storia della piccola comunità di Barra de Santiago che ha preso in mano una situazione difficile e ha vinto, con un impatto concreto e diretto sulla vita delle persone. Ed è anche questo il messaggio che Diritto a REsistere porta avanti, perché il viaggio non si ferma di certo qui: per il momento il progetto sta girando tra festival e, grazie anche a una collaborazione con il MUSE di Trento, va nelle scuole, dove, attraverso le storie di resistenza, racconta dinamiche complesse e le loro connessioni, a partire da quella tra cambiamento climatico e disparità di genere.

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