La boutique di quartiere che offre una seconda possibilità

Rendere il settore tessile sostenibile, circolare e con un impatto positivo: l’ambizione di Rehub

La sostenibilità nell’industria tessile è una tematica sempre più al centro dell’attenzione, a partire dalle strategie indicate dall’Unione Europea. Anche su queste pagine abbiamo avuto occasione di sottolineare le conseguenze del fenomeno del fast fashion, presentando d’altro canto alcune interessanti realtà che operano in controtendenza, come Innbamboo piuttosto che Storie di Stoffa.
Sulla stessa logica si colloca Rehub, una second hand luxury boutique, che unisce in modo innovativo il concetto di usato e di negozio di lusso. Situata strategicamente proprio nel cuore pulsante di Milano, fra l’Istituto Europeo di Design (IED) e il Giardino delle Culture, Rehub si propone non solo come un luogo di acquisti, ma un hub sociale e culturale che promuove una rivoluzione nell’industria della moda.

L’ultimo Rapporto sul Riciclo in Italia evidenziava come le istituzioni europee si fossero concentrate sul tessile: è il quarto settore di mercato con il maggiore impiego di materie prime e acqua, ed è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra (più della somma del trasporto aereo e marittimo). L’UE deve affrontare la sfida della gestione dei rifiuti tessili, che dall’inizio 2025 dovranno essere raccolti separatamente, ma che oggi hanno un tasso di riciclo in nuovi prodotti dell’1% a livello mondiale; senza poi parlare dei milioni di tonnellate di rifiuti prodotti annualmente in Europa.
Rehub si distingue quindi per la sua missione etica e ambientale. Ridurre, riutilizzare e riciclare sono i tre pilastri su cui si basa la sua filosofia, richiamati dal nome stesso. “RE” (reduce, reuse, recycle) rappresenta la consapevolezza dei consumatori verso pratiche sostenibili, mentre “HUB” simboleggia la sua funzione di centro nevralgico, il nodo di una rete che collega la comunità, il quartiere e le menti creative della città.

Retail a impatto sociale positivo

Quello che era un locale dismesso, assegnato attraverso un bando comunale, è stato ristrutturato, ma soprattutto ripensato, in un’ottica diversa da quella del “solito” punto vendita: “siamo voluti entrare nel mondo tessile con una nuova idea di consumo e di comportamento d’acquisto”, spiega Matteo Villa, uno dei confondatori insieme a Valerio Ferrandi, “puntando su prodotti di elevata qualità, che quindi richiedono anche spazi limitati”.
Rehub diventa quindi il luogo in cui ognuno può portare i propri abiti o accessori e ricevere una percentuale, una volta che questi verranno venduti. Ma ciò che lo distingue è nella sua visione olistica della sostenibilità.

Se da un lato le App e i modelli di compravendita dell’usato seguono la logica di ridare nuova vita a un vestito che non si indossa più, c’è però dietro una struttura logistica che non ha proprio un impatto trascurabile. Qui non si tratta soltanto di vendere capi di alta moda usati, ma di promuovere un nuovo modo di pensare al consumo.
“Un aspetto che ci caratterizza riguarda il concetto di prossimità”, continua Matteo: “ci piace l’idea di boutique di quartiere, facilmente raggiungibile, con mezzi sostenibili. Il punto vendita è inoltre parte di un progetto che sta prendendo forma, con una prossima assegnazione di un altro spazio nel Comune di Milano, per rendere concreta la circolarità del tessile”.

Fin dalla sua apertura la boutique ha puntato a creare un forte legame tra la moda e il tessuto collettivo della zona: “Vogliamo dare un messaggio che è connesso all’idea di sartoria sociale”, riprende Matteo, “legato soprattutto al recupero degli spazi dismessi, per renderli parte di nuove opportunità di business, con appunto un impatto positivo”.

Fotografia di una giacca presso Rehub

A tale proposito Rehub si caratterizza per la partnership con Impatto Positivo, il progetto di Regusto, che consente di compensare le attività svolte da un’impresa, misurandole attraverso degli Impact Token che pesano l’impatto generato nel territorio. “Abbiamo deciso di donare 2.000 pasti equivalenti; siamo il primo negozio al dettaglio in Italia che ha fatto questa scelta e lo leghiamo anche al modello d’acquisto”, specifica Matteo: “infatti proponiamo a chi acquista da noi la possibilità di donare due pasti equivalenti, aggiungendo un euro in più. Vorremmo raggiungere quest’anno l’obiettivo di 4.000 pasti equivalenti”.

Incubatore di talenti emergenti

I due fondatori hanno voluto pensare il punto vendita anche come uno spazio collaborativo, creando all’interno del negozio quasi due ambienti distinti. “Con una buona periodicità, ospitiamo collezioni temporanee di talenti emergenti”, aggiunge Matteo Villa: “non è solo un’opportunità per i designer, ma un ulteriore modo per creare connessioni e opportunità di relazioni”.

Fotografia di una designer all'opera presso Rehub
Una giovane designer al lavoro presso Rehub

D’altronde “a second chance for clothes and people” è proprio il motto voluto Matteo e Valerio: la loro determinazione nel promuovere una moda consapevole e socialmente responsabile è evidente in ogni aspetto del negozio. Dall’impegno nell’organizzare e ospitare eventi, emerge l’efficace connubio tra moda sostenibile e creatività.

Se l’epoca attuale appare caratterizzata dal fast fashion e dall’obsolescenza programmata, Rehub rappresenta una vera alternativa: un luogo dove valorizzare le creazioni e il talento dei designer, e dove la moda e lo stile si uniscono all’etica e alla responsabilità, sia sociale che ambientale.

Rehub boutique

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