Lo sappiamo, il nostro Pianeta si trova in una situazione di grave declino ecosistemico. E dunque anche l’Unione Europea. E proprio l’Unione Europea il 17 giugno 2024 ha approvato in via definitiva il regolamento Eu per il ripristino della natura .
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente del 2020, il quadro è preoccupante.
Solo il 15% degli habitat nell’UE è in buone condizioni, mentre il restante 85% è in stato mediocre o cattivo.
Le torbiere e le dune sono tra gli ecosistemi più colpiti, con oltre l’80% della loro superficie classificata in condizioni critiche. Anche gli habitat costieri, le foreste e i pascoli mostrano livelli di degrado preoccupanti, dovuti principalmente alla perdita di habitat, l’inquinamento e i cambiamenti climatici.
Il declino non si limita solo agli habitat. Anche molte specie animali e vegetali si trovano in gravi difficoltà. Più del 38% delle popolazioni ittiche è in cattive condizioni, così come una parte significativa di altre specie, come insetti, anfibi e molluschi.
Le cause principali di questo declino sono molteplici.
Oltre alla perdita di habitat, altri fattori esercitano una pressione crescente sulla natura, come i cambiamenti climatici, l’inquinamento e l’introduzione di specie invasive. L’agricoltura intensiva ha ridotto la capacità degli ecosistemi di sostenere la biodiversità, mentre l’espansione delle attività industriali e urbane ha frammentato i paesaggi naturali.
Un altro segnale allarmante riguarda le specie impollinatrici, fondamentali per la produzione alimentare. Quasi 1 specie su 3 di api e farfalle è in declino, e 1 su 10 è sull’orlo dell’estinzione. La crisi degli impollinatori ha implicazioni dirette sulla sicurezza alimentare dell’Europa: circa il 50% delle aree coltivate che dipendono dagli impollinatori, come gli alberi da frutto, non fornisce condizioni adeguate alla loro sopravvivenza. Il declino degli impollinatori, insieme al calo del 36% degli uccelli nelle zone agricole dal 1990, dimostra chiaramente che la crisi della biodiversità minaccia la natura e contemporaneamente la nostra capacità di produrre cibo.
La situazione continua a peggiorare: più di un terzo degli habitat e delle specie già in cattive condizioni stanno ulteriormente deteriorandosi, mentre solo una minima parte sta mostrando segnali di miglioramento.
Perché è fondamentale ripristinare la natura?
Ripristinare la natura è fondamentale per l’ambiente, prima di tutto, ma lo è anche per l’economia e la qualità della vita sulla terra.
Gli ecosistemi sani offrono una serie di servizi essenziali: producono ossigeno, purificano l’acqua, fertilizzano il suolo e regolano il clima.
Partendo dal primo settore, sappiamo bene che la natura è la base del settore agricolo. E gli impollinatori, come api e farfalle, sono cruciali per la produzione di molte colture. Il loro declino sta già influenzando negativamente la produttività. Senza il ripristino di habitat idonei, l’agricoltura subirà danni irreversibili, mettendo a rischio la sicurezza alimentare.
Anche l’industria forestale e quella della pesca dipendono da ecosistemi sani. Le foreste degradate perdono la capacità di assorbire CO2, contribuendo ai cambiamenti climatici, mentre il declino delle popolazioni ittiche compromette l’economia della pesca.
Sono molti i settori industriali che per prosperare hanno bisogno di attingere direttamente alle risorse naturali e alle materie prime. Con la transizione all’economia circolare, speriamo sempre meno alle materie prime e sempre più alle materie prime seconde. In ogni caso, investire nel ripristino ambientale migliora la resilienza delle catene di approvvigionamento e della capacità produttiva.
La Eu per il ripristino della natura: dal 1979 al 2024
La Direttiva Uccelli del 1979 è stata la prima grande normativa dell’Eu sulla tutela della biodiversità. Il suo obiettivo principale era proteggere tutte le specie di uccelli selvatici presenti nel territorio degli Stati membri, inclusi nidi, uova e habitat. La direttiva imponeva restrizioni sulla caccia, vietando la cattura e la distruzione deliberata di esemplari e stabiliva regole per la protezione delle aree critiche per gli uccelli, in particolare le Zone di Protezione Speciale – ZPS. Inoltre, mirava a prevenire il commercio illegale di uccelli selvatici, limitando la vendita solo a specie specifiche cacciabili o allevate legalmente.
Dopo un lungo e complesso iter legislativo, a giugno 2024 è stata ufficialmente adottata la Nature Restoration Law. La normativa ha l’obiettivo di ripristinare gli ecosistemi degradati in tutto il territorio dell’UE. Una componente chiave del Green Deal Europeo e allinea gli impegni UE agli accordi internazionali sulla biodiversità
La legge stabilisce obiettivi vincolanti per il ripristino della natura. Impone agli Stati membri di attuare misure concrete per recuperare almeno il 20% delle zone terrestri e marine in condizioni degradate entro il 2030, con l’obiettivo finale di estendere tali misure a tutti gli ecosistemi che necessitano di intervento entro il 2050. Oltre alla salvaguardia della biodiversità, punta anche a migliorare la resilienza climatica, contribuendo alla sicurezza alimentare e sostenibilità economica.
Secondo la Commissione Europea, infatti, ogni euro investito nel ripristino della natura può generare un ritorno tra i 4 e i 38 euro sotto forma di servizi ecosistemici.
Obiettivi e ambiti di intervento
Gli ambiti di intervento della Nature Reastauration Law riguardano diversi ecosistemi chiave, tra cui habitat terrestri, marini, agricoli, urbani, fiumi e foreste.
In particolare, uno degli obiettivi principali è il ripristino degli habitat terrestri e marini, che attualmente si trovano in uno stato di grave deterioramento. Gli Stati dovranno adottare misure per favorire la connettività tra gli habitat, così da garantire il libero movimento della fauna selvatica.
Un’altra area cruciale riguarda gli ecosistemi agricoli, dove il degrado del suolo e la riduzione della biodiversità minacciano direttamente la produzione alimentare. Gli Stati membri dovranno attuare azioni per migliorare la salute del suolo, promuovere la biodiversità agricola e favorire pratiche agricole sostenibili. Saranno anche ripristinate le torbiere, habitat fondamentali per il sequestro di carbonio.
Nelle zone urbane, la legge prevede un aumento degli spazi verdi nelle città e nei piccoli centri, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e ridurre l’impatto ambientale. Sarà essenziale proteggere e ampliare le aree verdi e promuovere una maggiore biodiversità nei centri abitati.
Il ripristino dei fiumi e delle pianure alluvionali è un altro punto centrale della normativa. L’Eu intende garantire che almeno 25.000 km di fiumi diventino nuovamente a scorrimento libero entro il 2030, rimuovendo le barriere artificiali che impediscono il flusso naturale dell’acqua. Un intervento che rafforzerà la biodiversità fluviale ed aiuterà a prevenire le inondazioni e migliorare la gestione dell’acqua.
Per quanto riguarda le foreste, che coprono circa il 40% del territorio europeo, la legge punta a rafforzare la loro biodiversità e la loro capacità di assorbire CO2. Verranno introdotti indicatori specifici per monitorare la salute delle foreste, tra cui la quantità di legno morto e il numero di specie di uccelli.
Gli Stati membri dovranno contribuire anche alla piantumazione di tre miliardi di alberi entro il 2030.
Dalla norma alla pratica
Il regolamento sul ripristino della natura richiede dunque ai Paesi dell’Eu di sviluppare piani nazionali che definiscano le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi previsti.
I piani devono stabilire la superficie da ripristinare e includere un calendario preciso. Si estenderanno fino al 2050 e dovranno essere in linea con altre normative esistenti, come quelle sulla protezione della natura, l’energia rinnovabile e l’agricoltura.
Le misure di ripristino prevedono interventi come la rimozione di piante non autoctone da prati, zone umide e foreste, la riumidificazione delle torbiere drenate e il miglioramento della connessione tra habitat frammentati. Altre azioni includono la riduzione o l’eliminazione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, e la promozione della conservazione delle aree naturali protette.
Entro il 2033, la Commissione Europea riesaminerà l’applicazione di queste norme, valutando il loro impatto su agricoltura, pesca e silvicoltura, così come gli effetti socioeconomici complessivi.