Che il cinema sia capace di trasmette messaggi potenti, lo sappiamo. Ma da qualche anno a questa parte il mondo della cinematografia si sta impegnando anche in un altro cambiamento, provando a ridurre il proprio impatto ambientale. Il Trieste Film Festival – la kermesse cinematografica dedicata al cinema dell’Europa centro-orientale a cui Trieste è rivolta da sempre, per collocazione geografica e storia – sta giocando un ruolo importante in questa ondata di impegno ambientale che sta smuovendo il settore.
La manifestazione, uno degli eventi di punta della vita culturale del capoluogo giuliano, ha chiuso l’edizione 2023 con grande successo con la cerimonia di premiazione tenutasi il 28 gennaio 2023, nel corso della quale è stato conferito il premio principale al film Sonne della regista curdo-austriaca Kurdwin Ayub, mentre due menzioni speciali sono andate alle pellicole Safe place di Juraj Lerotic (Croazia, 2022) e Black Stone di Spiros Jacovides (Grecia, 2022). Ma oltre alla sua rilevanza culturale, il festival merita di essere conosciuto anche per aver avviato dal 2019, su iniziativa di Alpe Adria Cinema, l’associazione culturale che lo organizza, una vera transizione ecologica, con l’obiettivo di sensibilizzare il proprio pubblico e i propri sostenitori, ma anche i colleghi di altre realtà nazionali e internazionali. È la stessa Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile a porre in cima agli obiettivi per questo decennio il contrasto al cambiamento climatico, la realizzazione di una transizione ecologica delle attività economiche e la creazione di modelli sostenibili di produzione e di consumo. E l’industria cinematografica non può sottrarvisi.
Il cinema, un comparto impattante
Il suo impatto ambientale, in effetti, è notevole e comprende, ad esempio, le emissioni prodotte dal massiccio spostamento verso le location selezionate di centinaia di persone tra registi, produttori, attori e le altre professionalità coinvolte, oltre alle attrezzature impiegate per girare. A questo si sommano anche i rifiuti prodotti dal largo uso di materiale usa e getta sul set e dalla frequente sostituzione di oggetti di scena che si rompono; c’è poi lo spreco alimentare generato dal consumo, più o meno simulato, di cibo di scena che deve essere rimpiazzato per ogni ciak in cui non è “buona la prima”. E, ancora, ci sono lo streaming, con il suo consumo di dati ed energia, e i festival in cui le pellicole vengono presentate e pubblicizzate che, come tutti gli eventi, portano con sé la loro buona dose di emissioni.
Anche gli impatti sugli ambienti naturali possono essere molto importanti, come ad esempio quelli provocati dai set che restano in piedi per anni alterando habitat ed ecosistemi, che in altri casi vengono addirittura distrutti, magari con l’inserimento di specie non autoctone; è stato fatto, ad esempio, per il film The Beach di Danny Boyle (2000) con l’abbattimento della foresta per allargare la spiaggia di Maya Bay in Thailandia e con la piantumazione di palme non autoctone per rendere – paradossalmente – più “autentica” l’isola tropicale. Sommando tutti questi elementi si ottengono quantità di emissioni da capogiro: secondo Albert, un’organizzazione nata proprio con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale del cinema, la produzione di un’ora di contenuti per la televisione britannica emette complessivamente 13 tonnellate di anidride carbonica; e nel complesso, secondo una ricerca dell’università di Los Angeles, l’industria cinematografica mondiale sarebbe all’origine del 2% delle emissioni globali.
Fare rete per diffondere le buone pratiche
Tra le prime iniziative in Italia per cambiare la situazione c’è stato, nel 2017, il T-Green film, un disciplinare sviluppato con Trentino Film Commissione e Appa Trento, l’agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente; altre iniziative sono state poi Zen2030, creato dalla casa di produzione Groenlandia, ed EcoMuvi, sviluppato dall’italiana La Tempesta. Grazie a questi, i film possono ottenere delle certificazioni che ne attestino l’impegno ambientale. Per ampliare i risultati, l’AFIC, Associazione Festival Italiani Cinema, nel 2022 ha organizzato una sessione di formazione ad hoc per operatori del settore con l’obiettivo di rendere più ecologici i festival cinematografici: la prima edizione, tenutasi a Roma, ha visto partecipare referenti di festival da tutta Italia, a dimostrazione che la sensibilità per il tema c’è.
Lo dimostra anche Trieste, il cui percorso in questa direzione è stato avviato nel contesto del Network MIOB (Moving Images Open Borders), una rete di festival europei con cui ha mosso i primi passi per arrivare a produrre delle linee guida di riferimento a cui tutti i festival del settore possano attingere e ispirarsi per diventare più ecologici. In questo solco, il Trieste Film Festival stesso nel 2021 ha organizzato assieme al MEDIA Desk di Torino un panel intitolato The Greener the Better! – a comparative study of cultural events and film festival (cioè “Più verde è, meglio è! – uno studio comparativo di eventi culturali e festival cinematografici”) che ha confrontato i protocolli sviluppati a livello nazionale e internazionale, portando all’attenzione di tutti gli attori coinvolti esempi di eventi cinematografici impegnati in questo senso, perché possano essere modelli concreti a cui ispirarsi.
E da qualche anno il Trieste Film Festival stesso si è impegnato in tutte le fasi che costituiscono l’evento, dalla gestione logistica degli ospiti alla scelta dei fornitori di servizi, dalla riduzione della carta alla selezione dei prodotti alimentari del territorio, attenti alla sostenibilità. Secondo gli organizzatori, infatti, l’attuale crisi climatica impone a tutte le categorie economiche, comprese quelle del settore della cultura, di cercare soluzioni alternative per un maggiore rispetto per l’ambiente.
Una guida pratica, per una cultura a basso impatto A beneficio di tutti gli operatori del settore, così, sono state messe a disposizione le linee guida, disponibili anche sul sito del Trieste Film Festival, in cui la prima raccomandazione è innanzitutto quella di fare una valutazione dell’impatto ambientale del proprio evento, in modo da avere un’idea chiara dei problemi esistenti nel proprio contesto professionale, ma anche degli obiettivi da porsi e di come raggiungerli. Punto per punto, sono passati in rassegna gli elementi critici dell’industria cinematografica, suddivisi in dieci aree tematiche.
Gli esempi per ciascun ambito sono molto concreti: quello che una manifestazione culturale può fare, e in cui il Trieste Film Festival in primis è impegnato, comprende attività pratiche che vanno dalla gestione dei rifiuti alla produzione di gadget – il più possibile ecologici e funzionali – ai consumi energetici, che devono prevedere degli investimenti per l’attivazione di progetti per compensare le emissioni; e, ancora, i veri e propri allestimenti dell’evento, che devono essere fatti il più possibile con materiali riciclati e riciclabili, e le scelte di mobilità, che devono privilegiare i trasporti pubblici e la bicicletta. Evitare di stampare i materiali può aiutare a contenere l’impiego di carta, mentre la gestione dei pasti per organizzatori, tecnici e ospiti del festival deve tenere conto di alcune indicazioni: evitare le monoporzioni, mettere a disposizione porzioni ridotte per evitare gli sprechi alimentari, prediligere i prodotti locali e stagionali, fornire opzioni vegetariane e vegane e incoraggiare il consumo dell’acqua pubblica in luogo di quella in bottiglia.
Queste azioni virtuose – valide in realtà per tutti gli eventi, non solo quelli cinematografici – devono anche essere comunicate correttamente, per dare visibilità al tema della sostenibilità e sensibilizzare il pubblico da un lato e i professionisti del settore dall’altro; allo stesso tempo, però, non si deve cadere nel greenwashing: in questo senso, proprio le indicazioni fornite dalla guida aiutano, indicando azioni dagli effetti concreti e misurabili, e non di facciata. Comunicare è poi la chiave per moltiplicare il messaggio e aiutare gli altri festival nello stesso percorso, diffondendo così le buone pratiche per facilitare davvero la transizione ecologica per tutti. Anche al cinema.
(Immagine di copertina: dal film Aurora’s Sunrise)