Un studio condotto dai ricercatori dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, ha messo in luce un dato interessante: le attuali emissioni annuali del sistema alimentare globale diminuirebbero drasticamente se adottassimo la dieta planetaria Eat-Lancet (lanciata alcuni anni fa e messa a punto da oltre 30 scienziati), cioè l’alimentazione migliore per la salute degli individui e del Pianeta. In particolare, il 57% della popolazione mondiale, che attualmente consuma troppa carne e prodotti di origine animale, potrebbe risparmiare più del 32% delle emissioni globali semplicemente cambiando stile alimentare, con l’effetto di produrre a livello globale una riduzione del 17% delle emissioni legate alla produzione di cibo. Si tratterebbe, principalmente, di rimodulare l’apporto proteico riducendo il consumo di carne a favore di legumi e noci per migliorare la salute della popolazione e, al contempo, l’impatto ambientale dei consumi. Questo risultato, che evidenzia l’importanza della scelta alimentare nella lotta alla crisi climatica, offre diversi spunti di riflessione.
Il contesto delle emissioni alimentari
Il sistema alimentare globale è responsabile di oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra, contribuendo al riscaldamento globale e ai fenomeni climatici connessi. In particolare, secondo le stime, l’agricoltura e la produzione alimentare rappresentano circa un terzo delle emissioni totali, in gran parte derivanti dalla produzione di carne e latticini. Ora, lo studio dell’Università di Groningen ha analizzato diversi scenari dietetici, confrontando diete ad alto consumo di carne con diete in cui questa è sostituita da legumi e noci: passando a una dieta in cui il consumo di questi alimenti rappresenta il 20% delle calorie totali, le emissioni globali di gas serra si ridurrebbero in modo netto, anche grazie al fatto che l’offerta globale della carne crollerebbe dell’81%, mentre quella dei legumi aumenterebbe del 438%, il che a sua volta significherebbe una riduzione dell’uso del suolo, che sarebbe utilizzato in modo più efficiente e ne risulterebbe arricchito, grazie al potere delle piante di legumi di fissare azoto nel terreno, riducendo così la necessità di fertilizzanti chimici. Questo cambiamento potrebbe equivalere a una diminuzione di circa 6,5 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, un passo significativo verso il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità globale.
Alimenti sostenibili
Legumi e noci sono conosciuti per i loro benefici nutrizionali – sono ricchi di proteine, fibre, vitamine e minerali – eppure, compaiono poco sulle nostre tavole; i primi sono quasi scomparsi via via durante il boom economico, vittime del retaggio antico che li considera piatti poveri, mentre la frutta a guscio al contrario sembra riservata alla tavola delle feste, forse perché oggi ritenuta grassa. Ma, ancora una volta, si tratta di alimenti da rivalutare, di cui bisogna ricordare la densità nutrizionale e i benefici etici, sociali e ambientali. Non a caso le raccomandazioni nutrizionali incoraggiano un consumo maggiore di legumi rispetto alle proteine animali, evidenziando il loro basso impatto ambientale e le proprietà nutritive, come l’alto contenuto di proteine e fibre, rendendoli una scelta sostenibile e salutare per ogni dieta. Ora, i ricercatori di Groningen confermano che abbiamo ulteriori motivi per apprezzare i legumi, dai fagioli alle lenticchie e ai ceci, e le noci, che – tra le altre cose – sono associate a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e obesità.
Sfide e opportunità
La notizia è positiva: ci ricorda che abbiamo un potere molto concreto ed efficace per dare il nostro contributo per frenare la crisi climatica. Ma non mancano le da affrontare. La transizione verso una dieta più ricca di legumi e noci, infatti, richiede cambiamenti significativi nella produzione alimentare e nelle preferenze dei consumatori: le politiche alimentari devono sostenere questi cambiamenti, anche educando i consumatori. Tanto più che i benefici sarebbero collettivi: l’incremento del consumo di legumi e noci, infatti, può contribuire a migliorare la sicurezza alimentare, poiché questi alimenti sono più accessibili e meno costosi rispetto alla carne, riducono il consumo di suolo e non sono esposti al pericolo – foraggiato dagli allevamenti intensivi – di zoonosi, che – come abbiamo visto a nostre spese in questi anni – possono evolvere in disastrose epidemie. Il lavoro dell’Università di Groningen, quindi, offre una nuova prospettiva sul potenziale impatto delle nostre scelte alimentari sul clima, ricordandoci che la scelta di quello che portiamo in tavola giorno dopo giorno non è solo una questione di salute personale, ma anche una responsabilità verso la Terra. Con un impegno collettivo, infatti, possiamo costruire un sistema alimentare più sostenibile e giusto, riducendo al contempo l’impatto ambientale e promuovendo la salute pubblica, muovendo così un passo fondamentale verso un domani migliore.